Non basta presentare una richiesta di pena sostitutiva per fermare l’esecuzione di condanne concorrenti. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18938, depositata il 21 maggio 2025, respingendo il ricorso di un imputato che aveva contestato l’esecuzione di pene detentive per complessivi due anni, quattro mesi e ventotto giorni, disposta dalla Procura della Repubblica.
Il caso era approdato davanti alla Corte di Appello di Palermo in veste di giudice dell’esecuzione, che aveva già rigettato la richiesta di sospendere l’ordine di esecuzione in attesa della decisione sulla concessione di una pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 20-bis del Codice penale, norma introdotta dalla riforma Cartabia.
La Corte: norme distinte e non sovrapponibili
Secondo la Prima sezione penale, la disciplina prevista dall’articolo 656, comma 5, del Codice di procedura penale — che consente la sospensione dell’esecuzione per pene detentive non superiori a tre anni, in presenza di determinate condizioni — non può essere automaticamente estesa alle pene sostitutive introdotte dal nuovo articolo 20-bis c.p.
La normativa, sottolineano i giudici, regola infatti due situazioni diverse: da un lato le misure alternative alla detenzione previste per pene brevi già definitive, dall’altro le pene sostitutive, che richiedono una specifica richiesta del condannato e una successiva valutazione del giudice competente, senza che ciò comporti l’automatica sospensione dell’esecuzione in pendenza di decisione.
I limiti della sospensione automatica
Il Collegio ha inoltre ribadito che il termine di trenta giorni previsto per la richiesta di misure alternative decorre dalla notifica dell’ordine di esecuzione, mentre nessuna sospensione è prevista dalla legge per l’istanza di applicazione di pene sostitutive, che resta dunque priva di effetti sospensivi fino alla decisione sul merito.
Cumulo di pene e misure in corso
Rigettata anche la seconda doglianza del ricorrente, relativa al cumulo delle pene, la Cassazione ha ricordato che al momento della domanda di pena sostitutiva era già in corso l’esecuzione di una misura alternativa (detenzione domiciliare) per alcune delle condanne indicate nel titolo esecutivo. In casi del genere, spiega la Suprema Corte, è il magistrato di sorveglianza a valutare la compatibilità tra cumulo e prosecuzione della misura alternativa in corso, come previsto dall’articolo 51-bis dell’Ordinamento penitenziario.
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