Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’avv. Rosita Ponticiello, Coordinatrice Dipartimento Pari Opportunità Unione Nazionale Camere Civili, in occasione della Giornata internazionale della donna.
Nella Giornata Internazionale della donna ancor più forte è la responsabilità che noi Avvocati sentiamo, quali garanti anche dei diritti della persona e delle pari opportunità, in un contesto in cui le attività legislative e sociali, volte alla rimozione di ogni forma e causa di discriminazione, trovano ostacoli sostanziali nel mondo famigliare, lavorativo, economico e politico.
Formalmente nel disposto Costituzionale l’art.3 ha istituito la pari dignità sociali senza distinzione di sesso, l’art 37 ha introdotto, a parità di lavoro, gli stessi diritti della donna rispetto al lavoratore e il diritto alla stessa retribuzione, l’art. 48 ha concesso il diritto di voto anche alle donne e l’art.51 ha ammesso l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive anche alle donne. Dunque, un’uguaglianza formale fra i due sessi che di fatto all’epoca contrastava con tutte le discriminazioni legali vigenti durante il periodo precedente, in particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e nel Codice Penale. Tuttavia, nel solco della Costituzione, si è avviato un percorso di autonomia e di emancipazione delle donne che negli anni ha prodotto anche significative modifiche della legislazione. Si pensi alla legge n. 7 del 9 gennaio 1963 con la quale finalmente si è stabilito il divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio modificando la legge 26 agosto 1950, n. 860, alla legge n. 898 del 1 dicembre 1970 che ha introdotto il divorzio. Riguardo quest’ultima, durante i lavori della Costituente era stata rappresentata la volontà di includere l’indissolubilità del matrimonio nel testo della carta costituzionale, ma, dopo un’aspra battaglia in aula, la parola “indissolubile” non era stata inserita, bocciata con un esiguo margine di voti. Nel 1971 la Corte costituzionale ha abrogato l’art. 535 del Codice penale che vietava la propaganda di qualsiasi mezzo contraccettivo e puniva i trasgressori col carcere. Nel 1971, con la legge n. 1204, viene approvata la tutela delle lavoratrici madri e nello stesso anno sono istituiti gli asili nido comunali.
Ancora, con la legge 19 maggio 1975, n. 151 è stato riformato il diritto di famiglia: fino a questa riforma, il peso dell’educazione dei figli gravava, di fatto, sulle madri, ma tale impegno non aveva un adeguato riconoscimento giuridico. La “patria potestà”, oggi “responsabilità genitoriale”, spettava ad entrambi i genitori, ma il suo esercizio toccava al padre, secondo l’art. 316 del Codice civile. Viene, quindi, riconosciuta parità giuridica tra i coniugi che hanno uguali diritti e responsabilità. Nel 1977 con la legge n. 903 è riconosciuta la parità di trattamento tra donne e uomini nel campo del lavoro. La legge costituzionale n. 1 del 30 maggio 2003 ha modificato l’art. 51 della Costituzione con l’aggiunta: “A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
I predetti richiami per evidenziare come, nonostante i progressi sulla carta, sia evidente che dobbiamo continuare a lavorare per realizzare un’uguaglianza che sia ispirata ai principi della ragionevolezza a dimostrazione del fatto che il riconoscimento normativo comporta sempre e comunque una continua conquista prima del riconoscimento sostanziale di quel diritto.
Ciò va fatto anche nella nostra professione forense che, pur caratterizzata da una forte presenza femminile con una media del 47%, presenta un notevole divario reddituale tra avvocate e avvocati con un guadagno in media per le donne del 53% in meno rispetto agli uomini.
Una conquista alla quale ogni giorno noi avvocati, donne e uomini, partecipiamo attivamente.
Avv. Rosita Ponticiello
Coordinatrice Dipartimento Pari Opportunità Unione Nazionale Camere Civili
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