La presentazione di una domanda di mediazione presso un Organismo non è sufficiente per interrompere i termini di prescrizione e decadenza. A sancirlo in modo inequivocabile è la Riforma Cartabia, che all’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 28/2010 stabilisce che solo la comunicazione alla parte chiamata determina gli effetti interruttivi e impeditivi connessi alla mediazione.
La disciplina prevede che la comunicazione della domanda di mediazione debba avvenire “con ogni mezzo idoneo” e che sia un onere dell’Organismo di mediazione stesso, come stabilito dal nuovo articolo 8, comma 1. In passato, invece, era prevista anche la possibilità che fosse la parte istante a occuparsi della comunicazione, con il rischio di discrezionalità e incertezze.
L’avvocato deve preoccuparsi della notifica?
Sebbene la responsabilità della comunicazione gravi sulla segreteria dell’Organismo, in caso di prescrizione o decadenza imminenti è opportuno che l’avvocato non si limiti al semplice deposito, ma provveda personalmente a comunicare la domanda di mediazione alla controparte, così da scongiurare ogni rischio processuale.
Il caso del Tribunale di Pavia
Un recente orientamento giurisprudenziale del Tribunale di Pavia (sentenza n. 178/2025) si è posto in controtendenza, riconoscendo che il solo deposito della domanda presso l’Organismo di mediazione possa interrompere la prescrizione e impedire la decadenza. La decisione, che si rifà a un indirizzo minoritario già sostenuto da alcune sentenze di merito, si basa anche sull’articolo 8 della Direttiva Europea 2008/52, che tutela le parti da decadenze processuali derivanti dal tempo impiegato nella mediazione.
Tuttavia, l’interpretazione più rigorosa e prudente resta quella maggioritaria: solo la comunicazione al chiamato da parte dell’Organismo, o, in caso di urgenza, direttamente dall’avvocato istante, garantisce con certezza gli effetti processuali e sostanziali della domanda di mediazione.
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