27 Agosto 2020

L’istituto della messa alla prova e il ruolo sociale dell'avvocatura

L’istituto della messa alla prova e il ruolo sociale dell’avvocatura

Qual è l’obiettivo della giustizia: punire o riabilitare? E che ruolo ha, in ciò, l’avvocatura? È “solo” una professione oppure ha un valore sociale da non sottostimare?

Lo scorso luglio il CNF ha aderito a un progetto di giustizia riparativa proposto dal Ministero della Giustizia per lo svolgimento di lavori socialmente utili nelle sedi da parte di imputati ammessi all’istituto della messa alla prova.

La convenzione nasce in risposta alle spinte dell’Unione Europea verso un adeguamento dell’Italia agli standard comunitari e l’istituto della messa alla prova permette di abbandonare la funzione punitiva dello Stato, basata sul carcere, a favore di un approccio rieducativo della pena, come indicato dalla Costituzione.

L’ISTITUTO DELLA MESSA ALLA PROVA

L’istituto della messa alla prova si applica ai reati che prevedono una pena non superiore ai 4 anni.

È stato introdotto per gli adulti nel 2014 e prevede che l’imputato svolga attività lavorative a titolo gratuito, con finalità sociali, presso enti, organizzazioni e amministrazioni pubbliche.

Se, nel 2014, i soggetti coinvolti erano solo 511, nel 2019 sono diventati quasi 40.000.

IL RUOLO SOCIALE DELL’AVVOCATO

L’avvocato opera nel rispetto dei principi di libertà, lealtà, autonomia, indipendenza, dignità e competenza. È colui che garantisce che il processo si svolga secondo le regole, cosicché il giudice possa giungere alla decisione più adeguata.

È suo compito chiedere una pena proporzionata al reato, veder tutelati i diritti del suo assistito e, per estensione, di tutti noi.

Ma l’essere avvocato travalica i semplici aspetti tecnico-professionali e si basa anche aspetti umani.

Lo ha spiegato bene l’ex presidente Cnf Pietro Calamandrei: «Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. […] L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità».

Il Consiglio Nazionale Forense è il massimo organo di rappresentanza dell’avvocatura e l’apertura delle proprie sedi a coloro che beneficiano della messa alla prova non fa che sottolineare l’attitudine sociale della categoria.
Come comunicato dall’organo stesso: «Il Cnf, coerente con la funzione sociale del ruolo dell’avvocato, aderisce con convinzione al progetto rieducativo e confida in una crescente sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso un sistema sanzionatorio non esclusivamente punitivo e maggiormente in linea con i principi più volte evocati dalla Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo)».

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