La recente decisione del Capo Dipartimento del DGMC (giustizia minorile e di comunità) di sospendere temporaneamente il servizio presso il Centro di Prima Accoglienza (CPA) di Roma ha sollevato un’ondata di polemiche e preoccupazioni tra gli addetti ai lavori e le organizzazioni sindacali. Senza consultare preventivamente i rappresentanti dei lavoratori, i minori arrestati sono stati dirottati al CPA della Campania, trasferendo il personale maschile della Polizia penitenziaria del CPA romano in supporto all’Istituto Penale per Minorenni (IPM) di Roma, lasciando solo il personale femminile a presidiare la portineria del CPA. Questa scelta sta peggiorando una situazione già critica in uno dei Centri che registra a livello nazionale il maggior numero di ingressi di minori in stato di arresto o fermo”.
La denuncia viene da Donato Nolè, Coordinatore nazionale Fp Cgil per la Polizia penitenziaria e da Paola Fuselli, Coordinatrice nazionale Fp Cgil per il DGMC.
“Analoga misura – spiegano – è stata adottata per il CPA di Lecce, la cui sospensione delle attività è stata decisa a giugno senza una comunicazione formale alle organizzazioni sindacali, e il personale della Polizia penitenziaria si è visto costretto a raggiungere la sede dell’IPM di Bari partendo dalla sede di Lecce con rientro al termine dei turni nella sede di appartenenza, con tutto il disagio operativo che ciò comporta e il dispendio di ore di straordinario e trattamento di missione. Nei giorni scorsi, il dipartimento ha deciso di prorogare la sospensione delle attività al 31.12.2024. Ciò che lascia più perplessi è l’assenza di qualsiasi dialogo preventivo con le organizzazioni sindacali. In un contesto dove le decisioni dovrebbero essere frutto di un confronto aperto e trasparente, l’Amministrazione ha preferito agire in perfetta solitudine, ignorando l’importanza di una collaborazione con chi, ogni giorno, si trova a gestire le complessità di un sistema che già mostra segni evidenti di cedimento”.
Inoltre, spiegano Nolè e Fuselli, “la carenza di personale presso l’IPM è certamente un problema serio, ma le radici della crisi sono più profonde. La gestione degli IPM e la mancanza di linee guida operative chiare sono i veri nodi da sciogliere. Non si può pensare di risolvere un problema strutturale con soluzioni temporanee e mal concepite. Il personale dei CPA, infatti, dovrebbe supportare gli IPM, ma finora è stato impiegato per tradurre i minori dai centri ai tribunali di competenza. Questo ha comportato un inutile dispendio di risorse economiche, aggravando ulteriormente una situazione già precaria. I provvedimenti adottati di fatto evidenziano una mancanza di pianificazione e organizzazione che rischia di compromettere seriamente il funzionamento delle strutture coinvolte. La gestione costantemente emergenziale delle criticità degli Ipm, legate principalmente al sovraffollamento, sta mettendo in discussione i principi cardine del sistema della giustizia minorile, a partire da quello della territorialità. Tutto ciò avviene a danno di minorenni e giovani adulti che nel momento delicatissimo del primo contatto con il mondo del penale vengono trasportati a chilometri di distanza o in un’altra regione e delle famiglie o dei tutori degli stessi che non sempre sono in grado di sostenere spostamenti così importanti. Al contempo, nel caso in cui le udienze di convalida vengano svolte nella modalità on line, sottrae alla magistratura la possibilità di entrare in contatto diretto con i minori”.
“Se davvero si vogliono garantire il reinserimento dei minori e condizioni di lavoro adeguate per tutti gli operatori del sistema della giustizia minorile – concludono – è indispensabile ripensare radicalmente le modalità di gestione dei servizi minorili, investendo in risorse adeguate e, soprattutto, in una leadership che sappia ascoltare, confrontarsi e agire con lungimiranza. Solo così si potrà sperare di porre fine a una crisi che rischia di diventare cronica, con conseguenze devastanti per tutti”.
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