Redazione 20 Giugno 2025

La Svezia dice stop ai video hard su richiesta: illegale acquistare contenuti sessuali personalizzati online

La Svezia si conferma all’avanguardia nella regolamentazione della prostituzione, anche nell’era digitale. Il Parlamento di Stoccolma ha approvato a larga maggioranza una riforma che vieta l’acquisto di contenuti sessuali personalizzati online, rendendo di fatto illegale pagare per video o performance su richiesta. È il primo Paese occidentale a introdurre un divieto di questo genere.

Non sarà vietato acquistare video a contenuto sessuale già disponibili sulle piattaforme, purché generici e accessibili a tutti gli utenti. Diventerà invece reato pagare per ottenere video personalizzati in cui il performer compie atti specifici richiesti dal cliente. La nuova norma entrerà in vigore il 1° luglio e rappresenta un aggiornamento digitale del cosiddetto modello nordico varato nel 1999, che penalizza i clienti della prostituzione ma non chi si offre.

Il ministro della Giustizia Gunnar Strömmer ha spiegato che il provvedimento nasce per colmare un vuoto normativo emerso con la diffusione di piattaforme come OnlyFans e servizi simili. “Se condanniamo chi acquista atti sessuali di persona, dobbiamo fare altrettanto per chi li acquista a distanza”, ha dichiarato Strömmer.

Chi verrà sorpreso a comprare contenuti personalizzati rischierà fino a un anno di carcere, mentre per il favoreggiamento della prostituzione digitale le pene possono arrivare a quattro anni.

Le proteste dei creator e delle associazioni di categoria non si sono fatte attendere. Per molti lavoratori e lavoratrici del sesso digitale questa decisione rappresenta un colpo durissimo: la vendita di video su richiesta è infatti una delle principali fonti di reddito per i creator, permettendo loro di lavorare in sicurezza, da casa, e in autonomia.

Secondo l’Associazione Europea per i Diritti dei Lavoratori del Sesso, la legge rischia di spingere molte persone verso il mercato nero, privandole di protezioni e strumenti di autotutela. “Proibire non significa far scomparire il fenomeno — commenta l’associazione — ma solo renderlo più pericoloso e invisibile”.


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