5 Settembre 2025 - GEOPOLITICA | Nuovi scenari

La guerra dei droni: Pechino arma Mosca con tecnologia made in China

Dietro l’apparente neutralità, la Cina fornisce a Putin componenti cruciali per i velivoli kamikaze che colpiscono l’Ucraina. Un business miliardario che consolida l’asse sino-russo

Neutralità solo sulla carta. Mentre ufficialmente Pechino si dichiara estranea al conflitto in Ucraina, nei fatti la Cina rappresenta la principale arteria tecnologica che alimenta la macchina bellica di Mosca. Motori, microchip, leghe speciali, fibre di carbonio e sistemi ottici: sono oltre 97 i fornitori cinesi che inviano componenti essenziali alle fabbriche russe di droni, destinati a martellare le città e le infrastrutture ucraine.

Secondo stime raccolte dall’intelligence di Kiev e rilanciate dal Telegraph, la Russia ha speso almeno 55 milioni di dollari tra il 2023 e il 2024 per bombardare l’Ucraina con centinaia di droni kamikaze. Denaro che, attraverso società statali e zone economiche speciali come Alabuga, nel Tatarstan, si trasforma in contratti milionari per le aziende di Xi Jinping.

L’arsenale dei droni

Il piano di Mosca è ambizioso: produrre entro fine anno due milioni di droni FPV (a pilotaggio remoto con visuale diretta), oltre a 30mila velivoli a lungo raggio e altrettanti “esca”, utilizzati per confondere i radar ucraini. In questo schema, i componenti cinesi sono insostituibili. Non è raro che tra i rottami di droni abbattuti compaiano parti con etichette e marchi in caratteri mandarini.

Il patto strategico sino-russo

La cooperazione tra Russia e Cina non è nuova, ma ha assunto una nuova forma dopo il 2014, con l’annessione della Crimea e l’espulsione di Mosca dal mercato militare-industriale occidentale. Se prima era la Russia a fornire armi a Pechino, oggi i ruoli si sono ribaltati: la Cina garantisce tecnologia, materiali e componentistica, mentre la Russia apre le porte alle proprie conoscenze più avanzate su missili, difesa aerea e guerra elettronica.

Il risultato è una partnership di convenienza: Mosca ottiene l’ossigeno tecnologico per sostenere l’offensiva, Pechino accede a know-how strategico e, nel frattempo, inonda il mercato russo con automobili, elettronica e beni di consumo.

Il lato economico

Il legame tra i due Paesi non si misura solo in termini militari. Nel 2024, il commercio bilaterale ha toccato la cifra record di 280 miliardi di dollari, segno di un’integrazione economica che va ben oltre le necessità belliche. La Cina, inoltre, continua ad acquistare petrolio russo a prezzi di favore, consolidando una relazione che intreccia pragmatismo e ideologia.

Neutralità apparente, interessi concreti

Se Xi Jinping evita accuratamente di inviare truppe o forniture militari dirette – per non provocare un confronto aperto con l’Occidente – l’evidenza sul terreno racconta altro. Kiev ha denunciato la presenza di cittadini cinesi arruolati tra le fila russe e ha documentato l’uso diffuso di equipaggiamenti di fabbricazione cinese.

Gli analisti sottolineano che Pechino sosterrà l’alleanza finché le converrà. Quando l’esercito cinese avrà acquisito abbastanza tecnologia da sviluppare in autonomia armi avanzate – in particolare missili, sottomarini e sistemi di guerra elettronica – non è escluso che riveda i termini del rapporto con Mosca.

Un messaggio anche per l’Occidente

La recente parata militare a Pechino, con Putin e Xi fianco a fianco, non è stata solo una dimostrazione di forza rivolta all’Occidente. È stata anche la conferma che l’asse tra i due leader regge su interessi concreti: la sopravvivenza militare della Russia e l’ascesa strategica della Cina.


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