segreto professionale

La difficile tutela del segreto professionale e della privacy degli assistiti

Consideriamo il segreto professionale che copre le conversazioni tra cliente e avvocato come un dato di fatto. Eppure, i casi in cui il diritto alla segretezza e alla privacy può essere accantonato non sono così rari.
Si tratta di violazioni o di fattispecie del tutto legittime?

IL CASO DEL CITTADINO NORVEGESE

Un cittadino norvegese al quale è stato sequestrato lo smartphone avverte le autorità che nel dispositivo sono presenti email e chat scambiate con i suoi legali.

Tali conversazioni sono coperte dal segreto professionale e, in un primo momento, le autorità rassicurano il cittadino che quelle informazioni non verranno utilizzate.
Successivamente però la stessa autorità incarica la polizia giudiziaria di esaminare tutti i contenuti dello smartphone. Le conversazioni con i legali vengono eliminate solo al momento della produzione della copia forense dei contenuti del dispositivo.

Il cittadino si rivolge allora alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, sostenendo che il controllo preliminare della polizia giudiziaria viola l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. L’articolo sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, della casa e della corrispondenza.

La Corte concorda sulla violazione.

SEGRETO PROFESSIONALE E RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE

Gli avvocati sono tenuti a rispettare quanto indicato dal Codice Deontologico in materia di segreto professionale. Due sono gli articoli di riferimento: l’art.13 e l’art.28, di cui riportiamo i testi integrali:

Art. 13 – Dovere di segretezza e riservatezza

“L’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali.”

Art. 28 – Riserbo e segreto professionale

1. È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto e il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.

2. L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o non accettato.
3. L’avvocato deve adoperarsi affinché il rispetto del segreto professionale e del massimo riserbo sia osservato anche da dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori, anche occasionali, in relazione a fatti e circostanze apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta.
4. È consentito all’avvocato derogare ai doveri di cui sopra qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria:
a) per lo svolgimento dell’attività di difesa;
b) per impedire la commissione di un reato di particolare gravità;
c) per allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e cliente o parte assistita; d) nell’ambito di una procedura disciplinare.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.
5. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura e, nei casi in cui la violazione attenga al segreto professionale, l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Riportiamo anche il testo dell’art.8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo:

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o  della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Come si può notare, Codice Deontologico e Convenzione dei Diritti dell’Uomo viaggiano su binari paralleli. Ed entrambi considerano la possibilità di deroghe.

SEGRETEZZA E  INTERCETTAZIONI

Una delle potenziali zone grigie del nostro sistema sta nelle intercettazioni.

Il codice di procedura penale garantisce che le intercettazioni delle conversazioni tra un cliente e un avvocato, in qualunque formato, non vengano utilizzate. Nonostante ciò, anche in questo caso non mancano le possibili deroghe.
Per esempio, si possono utilizzare le intercettazioni di conversazioni tra i familiari di un indagato/imputato e l’avvocato di questo. Inoltre, perché le intercettazioni siano considerate inutilizzabili è necessario che l’avvocato coinvolto sia effettivamente stato nominato quale difensore, altrimenti si tratterebbe solo di conversazioni di carattere amicale (Cassazione 2018).

IL FUTURO?

L’Avv. Massimo Borgobello conclude il suo articolo “Privacy e segreto professionale dei legali, perché servono regole chiare” son queste parole:
«È tuttavia da chiedersi se l’applicazione concreta della riforma delle intercettazioni telefoniche ed ambientali entrata recentemente in vigore nel nostro ordinamento terrà o meno: certamente, è stata scritta nell’ottica di non incorrere in violazioni dell’articolo 8 della CEDU.
È vero anche che il potere di intercettazione, nel nostro Paese, è molto ampio e le garanzie sono, di fatto, ridotte al minimo nelle ipotesi in cui le intercettazioni siano disposte nei procedimenti per criminalità organizzata.
Abbiamo assistito, nei mesi scorsi, all’emanazione, da parte di numerose Procure della Repubblica di linee guida in materia: i prossimi mesi diranno se, all’atto pratico, vi sarà rispondenza o meno al diritto previsto dall’articolo 8 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo.»

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