Redazione 1 Agosto 2024

La battaglia contro la burocrazia italiana per il suicidio medicalmente assistito, l’appello dell’associazione Luca Coscioni

“Finalmente potrò smettere di soffrire”. Queste sono state le ultime parole di Ines, una donna lombarda di 51 anni affetta da sclerosi multipla, che nelle scorse ore ha messo fine alle sue sofferenze attraverso il suicidio medicalmente assistito in Svizzera. Ines aveva chiesto di poter accedere a questa procedura in Italia, ma l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) non ha ancora trasmesso la relazione finale e il parere del Comitato Etico.

Ines, nome di fantasia, racconta il suo calvario: “Sono malata di sclerosi multipla, ormai diventata secondariamente progressiva. Il mio corpo non risponde più a nessuna delle mie richieste. Non passerà mai. Ho dolori insopportabili. Ho deciso di andare in Svizzera perché purtroppo l’Italia tarda a rispondermi. Ho chiesto anche di poter morire in Italia, ma la risposta si allunga e la Svizzera mi ha accolto prima. Finalmente potrò realizzare il mio sogno di smettere di soffrire”.

L’appello dell’associazione Luca Coscioni

Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e responsabile legale di “Soccorso Civile”, ha dichiarato: “Non devono più ripetersi vicende come questa, dove una persona che aveva diritto a essere aiutata a terminare la propria vita in Italia, nel pieno rispetto della legge, si vede costretta ad andare a morire in un altro Paese. Come Associazione Luca Coscioni chiediamo a tutte le Regioni italiane di approvare la nostra legge regionale ‘Liberi Subito’, che definisce tempi e procedure certe per dare risposta a chi chiede di morire, per impedire che a sofferenze insopportabili si aggiungano i danni dell’accanimento burocratico”.

Il quadro legale in Italia

Nonostante il suicidio medicalmente assistito sia legale in Italia a determinate condizioni, previste dalla sentenza 242 del 2019 della Consulta, il Servizio Sanitario Nazionale non garantisce tempi certi per le verifiche necessarie. Molti pazienti rimangono in attesa delle decisioni delle ASL e dei comitati etici territoriali, che possono impiegare mesi per verificare le condizioni e le modalità di accesso. Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del team legale, ha sottolineato: “Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna ‘Liberi Subito’ con una raccolta firme per una proposta di legge regionale che garantisca il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti”.

Il dramma di Ines

Ines, affetta da sclerosi multipla da quasi vent’anni, è morta in Svizzera accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo di “Soccorso Civile”. L’ASL a cui si era rivolta lo scorso maggio non ha ancora trasmesso la relazione finale e il parere del comitato etico, nonostante le sollecitazioni legali. Dopo una prima diffida, la commissione medica della ASL ha visitato Ines due volte senza fornire una valutazione definitiva. Recentemente, Ines ha presentato una seconda diffida, citando la sentenza della Corte costituzionale n. 135/2024, che impone al Servizio sanitario di intervenire prontamente per assicurare lo svolgimento dell’iter di accesso al suicidio assistito. La ASL ha comunicato che la relazione medica è stata inviata al comitato etico, ma non ha dato tempi certi per una risposta.

Una decisione sofferta

Nonostante fosse in possesso di tutti i requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale, Ines ha deciso di andare in Svizzera perché le sue sofferenze erano divenute insopportabili. Aveva il diritto di morire in Italia, come stabilito dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, ma la lentezza della burocrazia sanitaria lombarda le ha impedito di esercitare questo diritto nel suo Paese.

Un diritto non garantito

Il caso di Ines evidenzia come il diritto a morire dignitosamente in Italia sia ancora teorico. Manca una legge stringente che disciplini il principio costituzionale stabilito dalla Corte e garantisca concretamente l’esercizio di questo diritto, lasciando così i malati senza una via d’uscita dignitosa nel proprio Paese.


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