A seguito di un esposto al Consiglio dell’Ordine da parte di un ex-superiore, un avvocato vede diffuse alcune informazioni personali, relative a precedenti sanzioni disciplinari, sempre annullate. L’avvocato, convinto che la tale condivisione di informazioni private fosse finalizzata a screditare la sua reputazione, chiede la condanna dell’ex-superiore e un risarcimento.
La vicenda però giunge fino in Cassazione.
IL TRATTAMENTO DELLE INFORMAZIONI PERSONALI
L’ex-superiore sostiene che la mancata tutela del diritto di riservatezza non ricada su di lei ma sul responsabile del trattamento dati, nel caso specifico il Presidente del tribunale.
La Corte però respinge questa visione, sostenendo che si applichi l’art. 15 Codice della Privacy nella versione ratione temporis (articolo abrogato dall’art. 27 c. 1, lett. a), n. 2), d.lgs. 101/2018), che dispone:
“chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile”.
In sostanza, il danno è responsabilità di chi lo commette a prescindere che sia o meno responsabile del trattamento.
L’ex superiore sostiene però che la comunicazione delle informazioni personali dell’avvocato non violi l’art. 15 d. lgs. 196/2003, poiché è avvenuta in un ambiente circoscritto (il Consiglio dell’Ordine).
La Corte rigetta anche questa visione.
Sebbene “il trattamento delle informazioni personali effettuato nell’ambito di un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in relazione ad una asserita condotta deontologicamente scorretta posta in essere da un legale” sia lecito, è anche vero che questa condotta deve rispettare il criterio di minimizzazione nell’uso dei dati personali.
IL CRITERIO DI MINIMIZZAZIONE NELL’USO DEI DATI PERSONALI
Secondo queso criterio, quando si ha a che fare con dati personali altrui, si possono utilizzare solo quelli indispensabili, pertinenti e necessari al perseguimento delle finalità per cui sono stati raccolti e trattati (principi affermati anche dal GDPR all’art. 5, lett. c)
Nel caso specifico, la divulgazione delle informazioni relative ai procedimenti disciplinari nei confronti dell’avvocato non risulta pertinente allo scopo per i quali quei dati erano stati trattati. Al contrario, il loro uso da parte dell’ex-superiore risulta perpetrato proprio per minare l’immagine dell’avvocato.
L’ordinanza del 26 aprile 2021 n. 11020 della Corte di Cassazione spiega chiaramente che:
“non è ostativa all’integrazione della violazione dell’art. 15 codice della privacy la mera circostanza che la divulgazione della notizia riservata avvenga nel contesto di un procedimento di rilevanza pubblica, risultando comunque illecita la comunicazione dei dati personali non pertinente ed eccedente le finalità per cui essi sono raccolti e trattati”.
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