Redazione 27 Febbraio 2025

Il dominus deve pagare il domiciliatario se il cliente non lo fa

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’avvocato che incarica un collega domiciliatario deve provvedere al suo compenso se il cliente non vi adempie, pena la sanzione della censura. La decisione è contenuta nell’ordinanza n. 4850 depositata oggi. Nella stessa data, un’altra pronuncia (ordinanza n. 4844) ha confermato la sospensione per un anno di un legale che, dopo aver assistito entrambi i coniugi nella separazione, aveva poi difeso l’ex marito contro l’ex moglie.

Il pagamento del domiciliatario: un dovere deontologico

La questione (n. 4850/2025) è nata da segnalazioni presentate al Consiglio dell’Ordine di Civitavecchia da due avvocati, uno del foro di Brescia e l’altro di Firenze, che lamentavano il mancato pagamento del compenso per l’attività svolta come difensori domiciliatari.
Nel primo caso, il pagamento era stato tentato con un assegno risultato insoluto, ma l’azione disciplinare è stata dichiarata prescritta poiché erano trascorsi i sette anni e mezzo previsti dalla legge.

Nel secondo caso, l’avvocato non aveva ricevuto alcun pagamento. La Suprema Corte ha ricordato che l’articolo 43 del Nuovo Codice Deontologico Forense prevede che il dominus, ovvero l’avvocato che incarica un collega di esercitare funzioni di rappresentanza o assistenza, è tenuto a compensarlo se il cliente non lo fa. La violazione di questo obbligo comporta la sanzione della censura.
La Cassazione ha sottolineato come questa disposizione tuteli il rapporto di colleganza e promuova i principi di lealtà e correttezza professionale. Ha inoltre chiarito che l’illecito deontologico può essere considerato “permanente” fino a quando non viene sanata la situazione debitoria.

Conflitto di interessi: sospeso l’avvocato che ha difeso l’ex marito dopo aver assistito la coppia

Nell’ordinanza n. 4844/2025, la Corte di Cassazione ha confermato la sospensione per un anno di un avvocato accusato di conflitto di interessi. Il procedimento disciplinare era stato avviato dopo l’esposto di una donna che aveva scoperto che l’avvocato, che in passato aveva assistito lei e l’ex marito nella separazione, aveva poi assunto la difesa dell’ex coniuge contro di lei.
La Suprema Corte ha ricordato che il Codice Deontologico vieta all’avvocato di accettare incarichi contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non è estraneo a quello precedentemente trattato. È altresì vietato utilizzare le informazioni acquisite in precedenza in controversie successive tra gli stessi soggetti.

In primo grado, il Consiglio Nazionale Forense (Cnf) aveva ridotto la sanzione di tre mesi considerando le circostanze attenuanti, come la successiva rinuncia ai mandati e l’assenza di precedenti disciplinari. Tuttavia, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sospensione annuale in considerazione della gravità dell’illecito.


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