14 Novembre 2022

Identità Digitale: l’Italia è un paese per vecchi?

Continuano ad aumentare i rilasci e gli accessi per Spid. A fine settembre 2022, infatti, 32,2 milioni di cittadini italiani erano in possesso di identità digitale. Il dato segna un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Identikit del cittadino con Spid

Il Sistema pubblico di identità digitale, a conti fatti, è nelle mani del 63% della popolazione italiana con più di 18 anni, anche se la distribuzione non è omogenea né per quanto riguarda le fasce d’età né per quanto riguarda l’area geografica.

Questo è quanto afferma la nuova ricerca dell’Osservatorio Digital Identity della School of management (Politecnico di Milano). Tutti i ragazzi della fascia 18-24 anni sono in possesso di Spid, mentre 1 su 4 over 75 ha attivato la propria identità digitale.

Anche a livello geografico si riscontrano delle differenze: la regione Lazio detiene il record del 74% della popolazione con Spid, seguita dal 70% della Lombardia a dal 62% di Emilia-Romagna, Campania e Piemonte. Ultimi posti per Calabria (54%), Marche (53%) e Molise (52%).

Carta d’Identità Elettronica

Ma in Italia non esiste soltanto lo Spid. Cresce, infatti, anche la diffusione della Cie, la Carta d’Identità Elettronica. Ben 31,3 milioni di cittadini sono già in possesso del documento, registrando un aumento del 29% rispetto al 2021.

Tali livelli di diffusione posizionano l’Italia ben oltre gli obiettivi che sono stati definiti dal Pnrr per l’anno 2024. Anche se gli obiettivi sono stati raggiunti con due anni d’anticipo, la partita dell’Identità Digitale in Italia è tutt’altro che conclusa.

Identità Digitale in Europa

L’Osservatorio ha rivelato che, a livello europeo, i vari sistemi di identità digitale che negli anni passati hanno attraversato una rapida fase di sviluppo, hanno continuato poi il loro percorso di diffusione e consolidamento tra aziende e utenti. Il ritmo di crescita, tuttavia, rallenta progressivamente.

Se analizziamo i sistemi digitali che non si basano su smart card, si passa dal 95% della popolazione olandese che utilizza il sistema DigiD, seguita da Norvegia (79%), Svezia (78%) con BankID e Repubblica Ceca (9%) con MojeID.

L’Italia, invece, con lo Spid posseduto dal 54% della popolazione totale, raggiunge degli ottimi risultati di diffusione, con dei tassi di crescita che possono essere paragonati a quelli del sistema francese FranceConnet, che raggiunge il 59% e del sistema belga itsme (56%).

Nuove rivoluzioni

Nel settore si fa strada una vera e propria rivoluzione, spinta dalle nuove norme in atto. Il mercato dell’Identità digitale sta infatti migrando verso il concetto di wallet, che permette di integrare credenziali, pass, certificazioni e altri attributi in un unico strumento messo direttamente nelle mani degli utenti.

Spiega Giorgia Dragoni, direttrice dell’Osservatorio Digital Identity: «L’ecosistema di riferimento della digital identity, a livello mondiale, sta attraversando una forte evoluzione verso sistemi di identità digitale sempre più interoperabili e transnazionali».

«Nella direzione di un wallet digitale si stanno muovendo soggetti tradizionali e big tech. Queste ultime iniziano a scorgere maggiori opportunità di business nell’identità sicura e certificata, si propongono come partner tecnologici degli enti istituzionali nei vari Paesi, mettendo a disposizione competenze su interoperabilità e fruibilità dei loro applicativi, oltre al vastissimo bacino di utenti che attualmente già utilizza le soluzioni da loro erogate».

European digital identity wallet

Nel giugno del 2021, una bozza di revisione del regolamento eIDAS ha provveduto a delineare la creazione di un European digital identity wallet. La Commissione europea sembra che abbia l’intenzione ampliare la competizione, introducendo il nuovo ruolo di wallet provider, che potrebbe essere ricoperto da attori tradizionali ma anche da nuovi soggetti.

Al fine della sperimentazione del nuovo paradigma si è spinto verso l’incentivazione di iniziative di collaborazione tra diversi Paesi per sviluppare wallet, utilizzabili in più casi in ambito privato o pubblico.

Afferma Valeria Portale, direttrice dell’Osservatorio Digital Identity: «Siamo davanti a un bivio, che potrebbe portare ad una rivoluzione del settore. Se il wallet sarà considerato solo come un nuovo “contenitore” per identità digitali e credenziali esistenti, senza modificare la configurazione attuale del mercato e dell’offerta all’utente, sarà semplicemente un ritocco di quanto siamo già abituati a utilizzare».

«Se invece», continua, «davvero si riuscirà a raggiungere l’interoperabilità, abilitando sinergie tra servizi digitali in Stati diversi, allora si assisterà davvero alla rivoluzione dell’identità digitale. L’Italia è chiamata ad affrontare una sfida difficile a fianco di altri paesi europei. Senza una chiara strategia sull’identità digitale, sarà estremamente difficile per le aziende, e più in generale, per l’intero Paese, catturare le opportunità generate dal wallet comunitario: è importante lavorare ora per essere davvero parte di questa rivoluzione ed evitare di rimanerne travolti».

Spid nella quotidianità

Secondo i dati, siamo ancora lontani dall’utilizzo quotidiano e strutturale dello Spid. Nel corso del 2022 il Sistema è stato utilizzato mediamente dagli italiani 25 volte all’anno, contro le 22 del 2021 e le 9 del 2020.

Emerge un utilizzo meno dipendente dagli obblighi normativi (cashback o greenpass) e sempre più spinto verso servizi chiave per il cittadino.

Nel 2022 ci sono stati sviluppi importanti per quanto riguarda il piano normativo. È stato definito anche il ruolo dei soggetti aggregatori dei servizi privati, rendendo più semplice il processo di adesione delle aziende da un punto di vista tecnologico e amministrativo.

Inoltre, sono state diffuse le linee guida per i gestori di attributi qualificati (università e albi professionali) che saranno in grado di certificare eventuali qualifiche da integrare nel set dei dati già presenti in Spid.

Addio a pin e password

Nei settori finance, utility e telco, l’80% delle grandi aziende consente di avviare e concludere la procedura di riconoscimento nel digitale. Nella maggioranza dei casi, la verifica dei dati dell’utente può essere effettuata a distanza, senza doversi per forza recare allo sportello.

Le aziende cominciano, dunque, ad integrare la modalità di riconoscimento senza pin o password, sostituendo questi metodi con l’invio di sms o email contenenti un codice otp (o app per generare codici otp e notifiche push). Nell’8% dei casi vengono utilizzati anche fattori biometrici.

Strutture interne ancora inadeguate

Manca comunque una struttura interna adeguata, che presidi la gestione dell’identità digitale. Il 63% delle aziende non ha mai valutato di integrare i sistemi certificati a livello nazionale, come Cie e Spid.

Finora, le aziende hanno lavorato a compartimenti stagni, per sviluppare sistemi non interoperabili e per procedere senza una visione d’insieme. Soltanto il 12% sta attualmente valutando la possibilità di valorizzare il profilo identificativo dell’utente, per abilitare il suo accesso anche ad ulteriori servizi di terzi, seguendo una logica di wallet.

L’importanza di un’identità digitale interoperabile

Luca Gastaldi, direttore dell’Osservatorio Digital Identity, afferma che «l’ecosistema italiano deve lavorare per essere pronto al cambiamento portato dagli identity wallet. È importante», continua, «sviluppare maggiore sensibilità e consapevolezza sull’importanza di un’identità digitale interoperabile, per creare sinergia tra settori e contesti nazionali diversi».

Bisogna lavorare parallelamente «su Spid e Cie, affinché siano pronti a un’arena competitiva allargata dalle evoluzioni normative. Delegare il presidio su asset tecnologici e dati contenuti nel wallet nelle mani di pochi attori, ci taglierebbe fuori da questo cambiamento, vanificando di fatto lo sforzo di aver creato un sistema che metta al centro l’utente e il controllo sui suoi dati, snaturando i sistemi nazionali su cui si è investito negli ultimi anni».

Si andrebbe a perdere posizione, infatti, nel mercato «degli attori che finora hanno sviluppato servizi legati all’identità digitale».

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