I super-occhiali della Polizia di Arezzo non piacciono al Garante della privacy

È stata aperta un’istruttoria dall’autorità Garante della privacy nei confronti del comune di Arezzo, che qualche giorno fa aveva annunciato la volontà di fornire agli agenti di Polizia locale dei super-occhiali, che controllano in tempo reale i documenti degli automobilisti.

La Polizia locale di Arezzo è la prima in assoluto in Italia a dotarsi di uno strumento simile. La sperimentazione dovrebbe cominciare il 1° dicembre 2022, a patto che il comune chiarisca i dubbi del Garante.

Questi super-occhiali sono dispositivi simili ai Google Glass, ovvero un apparecchio su cui Google aveva investito dieci anni fa ma che aveva abbandonato per lo scarso successo negli utilizzi civili.

La rivoluzione che promettevano i Google Glass non si è mai realizzata, anche se tale tecnologia non è mai stata abbandonata completamente. Oggi viene utilizzata principalmente nelle fabbriche dove si lavora a catena di montaggio.

Come funzionano i super-occhiali

Le caratteristiche dei super-occhiali della Polizia di Arezzo corrispondono esattamente a quelle dei Google Glass. Sulle lenti degli occhiali vengono visualizzate informazioni e notifiche che di solito si vedono sugli schermi degli smartphone.

Si possono vedere documenti e informazioni inerenti alle auto parcheggiate o in movimento, tramite un sistema che si basa sul numero delle targhe. Sostanzialmente, basta osservare la targa di un’auto nel traffico per capire subito se il veicolo è assicurato, revisionato o rubato.

Osservando la patente dell’automobilista, il sistema permette di vedere i punti dell’automobilista e se ci sono obblighi particolari, come quello delle lenti alla guida. Tutto il processo di ricerca e di acquisizione delle informazioni avviene grazie ad un software che si chiama URBANO 2.0.

Se ci sono irregolarità, gli agenti possono fermare l’auto, e se necessario stampare una sanzione attraverso una mini stampante contenuta nella cintura della divisa.

Gli occhiali potranno anche registrare video trasmessi in diretta nella centrale operativa, scattando foto che potrebbero risultare utili in caso di incidenti stradali.

Combattere la microcriminalità

Lucia Tanti, vicesindaca di Arezzo, ha detto che gli occhiali serviranno principalmente per controllare le zone della città che hanno un maggior tasso di microcriminalità, al fine di scovare i veicoli rubati o quelli che non sono in regola.

«L’adesione a questo progetto consentirà sostanzialmente una migliore e più efficace gestione e risparmio dei tempi di intervento importantissima per consentire agli agenti stessi di svolgere al meglio quella attività di prossimità che è tra i suoi ruoli primari».

Atteso l’ok del Garante per la privacy

In ogni caso, la sperimentazione partirà dopo l’ok del Garante per la privacy. E non è detto che l’autorizzazione arriverà nel giro di due settimane (come spera il comune). Il Garante, infatti, ha espresso delle riserve, poiché ai destinatari dei controlli si dovrebbe fornire un’informativa sul trattamento dei dati personali e agli agenti un’informativa sulla privacy.

Il rischio è che gli occhiali siano un metodo per il comune di controllare continuamente e a distanza le attività degli agenti di Polizia. I super-occhiali, senza i dovuti accorgimenti sul trattamento dei dati e delle immagini, rischiano di infrangere lo Statuto dei lavoratori che vieta espressamente il controllo a distanza del lavoro.

Secondo Aldo Poponcini, comandante della Polizia locale di Arezzo, non ci dovrebbero essere problemi collegati ai dati e alla privacy. «Il kit presentato è in via di sperimentazione, siamo i primi in Italia, ma non ha nulla a che vedere con il riconoscimento facciale».

«Il sistema ci permette», continua Poponcini, «di accedere a banche dati alle quali già abbiamo accesso, ma con modalità di lavoro innovative. Ringrazio il garante per aver posto l’accento su questi aspetti della privacy, perché di fatto si tratta di questioni per le quali ancora non è presente una normativa».

La moratoria del 2021

Negli ultimi anni, il Garante è intervenuto molte volte per far rispettare le norme sulla privacy, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di videosorveglianza dei comuni e i controlli delle forze dell’ordine.

Il Parlamento, nel dicembre 2021, aveva approvato un emendamento presentato dal PD, istituendo una moratoria di due anni riguardo i sistemi di riconoscimento facciale. L’installazione di questi impianti di videosorveglianza, si legge nel testo, «sono sospese fino all’entrata in vigore di una disciplina legislativa della materia e comunque non oltre il 31 dicembre 2023».

Come funziona il riconoscimento facciale

Il riconoscimento facciale è una tecnologia che si appoggia ad un software per analizzare l’immagine di una persona, sotto forma di dati e pixel, dai quali ricava un modello matematico che viene successivamente applicato ad altre immagini per riuscire a trovare una corrispondenza.

L’archivio delle immagini risulta fondamentale per l’identificazione di una persona, e viene alimentato dai dati di tutte le persone che, mentre camminano per strada, vengono rilevate dalle telecamere. Alcuni software si sono evoluti così tanto da indentificare un individuo soltanto basandosi sulla sua andatura.

Attivisti ed esperti di tecnologie sostengono da tempo che i sistemi utilizzati, anche In Italia, sono troppo invasivi per quanto riguarda la privacy. Sono poco regolati, e non si sa molto sul loro funzionamento e sul modo in cui vengono raccolti e utilizzati i dati.

Sistemi illegittimi

Ce ne sono diversi nelle città italiane, ma tutti sono stati prontamente bloccati dal Garante. Il primo è stato installato a Como, nel 2019, nel parco di via Tokamachi, ma è stato dichiarato illegittimo dal garante nel febbraio del 2020. Un sistema simile è stato finanziato successivamente anche dal comune di Udine.

La moratoria ha introdotto una norma più chiara. I comuni, d’ora in poi, dovranno chiedere il parere del Garante, che fino ad oggi ha bocciato tutti i progetti di videosorveglianza dotati di riconoscimento facciale.

Per l’ex-deputato del PD Filippo Sensi, la norma approvata rappresenta «un primo passo che serve ad accendere un riflettore su questo tema, che riguarda la libertà e i diritti delle persone: siamo i primi a normare questi sistemi introducendo una moratoria in attesa di una legge del Parlamento europeo. Ora siamo certi che privati, comuni e in generale le P.A. non possono usare il riconoscimento facciale senza un parere favorevole del Garante della privacy: è una garanzia in più rispetto a prima».

L’esenzione dell’autorità giudiziaria

La moratoria non coinvolge l’autorità giudiziaria, che non ha l’obbligo di sottostare ad alcun controllo preventivo del Garante. L’articolo 12, infatti, recita che un parere è necessario «salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero».

Laura Carrer, giornalista e attivista presso il centro Hermes, spiega che «con le modifiche introdotte con questa moratoria, l’autorità di polizia giudiziaria e il pubblico ministero sono esentati dal controllo preventivo del Garante della privacy».

Inoltre, l’Associazione Privacy Network sostiene che la moratoria ha «un’incidenza estremamente ridotta, perché si applica solo a limitate ipotesi, come l’uso di sistemi di riconoscimento facciale in luoghi pubblici e aperti al pubblico».

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