Sembra ufficiale: l’era di internet gratis, ormai, sta finendo. Nei primi anni Duemila i giornali cominciarono a trasferirsi online, non c’erano paywall e l’informazione era completamente gratuita. Era un’autentica rivoluzione.
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Dopo qualche anno cominciarono ad affermarsi i blog e i social network. Alcuni, come Meta, sono sopravvissuti, altri sono scomparsi, come MySpace, altri ancora hanno cambiato nome oppure sono stati venduti a grandi colossi.
L’iniziale entusiasmo per questa sorta di liberazione nel mondo dell’informazione ha successivamente dovuto fare i conti con realtà, ovvero, la pubblicità online, da sola, non bastava.
Giornali, colossi tech e social, abili nella profilazione e nella raccolta pubblicitaria, se la sono cavata per anni, sino all’introduzione delle norme del Gdpr, che hanno imposto di chiedere agli utenti se volevano essere tracciati, al posto di farlo automaticamente.
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Nell’ultimo anno, per non morire, alcuni giornali hanno deciso di mettere il lettore di fronte ad una scelta: chi vuole continuare a leggere un articolo gratuitamente deve acconsentire al tracciamento. In caso contrario, o si paga un piccolo contributo oppure ci si abbona.
Il Garante non si è ancora espresso, ma sembra che la cosa potrebbe essere accettata soltanto in caso di trasparenza e se la somma richiesta risulta proporzionata, affinché la scelta del tracciamento non sia obbligata.
I social network stanno guardando con molto interesse a questa possibilità. Il New York Times, recentemente, ha riportato la notizia che Meta starebbe valutando se offrire anche in Europa una versione di Facebook e di Instagram a pagamento e senza pubblicità.
Un’idea simile l’ha avuta anche Elon Musk. Twitter, che ora si chiama X, ha già una versione premium dal costo di una decina di euro al mese, che consente di accedere a diverse opzioni aggiuntive rispetto a quelle di base.
La decisione è stata presa anche dai colossi dello streaming, che cominciano ad offrire abbonamenti più economici con pubblicità al fine di guadagnare nuovi iscritti.
Le aziende, comunque, se garantiscono consensi chiari, liberi, informati e trasparenti, potranno seguire la via del profitto nella maniera che più ritengono opportuna, visto che non è ancora arrivato il parere del Garante.
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