Privacy a rischio: la multinazionale Google trasferisce i dati delle persone al governo statunitense
L’account e gli indirizzi IP degli utenti registrati in Google non sembrano essere così al sicuro come si potrebbe pensare. Infatti, pare che nel momento in cui la Casa Bianca richieda alla multinazionale di avere un certo tipo di dati, questi vengano effettivamente comunicati. Il problema? Chiunque potrebbe diventare un potenziale criminale.
Big Tech e Stati Uniti: la collaborazione permette il passaggio dei dati personali
Se il Governo degli Stati Uniti d’America chiede delle informazioni, le Big Tech (le 5 maggiori multinazionali dell’IT occidentali) rispondono e le forniscono. Effettivamente, si tratta di una pratica lecita e stabilita nella sentenza Schrems II e in particolare alla sezione 702 del FISA. Tra le altre cose, qui si evince che le aziende sono obbligate a concedere agli Stati Uniti l’accesso alle informazioni di soggetti stranieri che utilizzano servizi americani.
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
Tuttavia, sembra che quanto detto non sia abbastanza per gli USA, che pretenderebbero la ricevuta di una moltitudine di dati da Google. Vediamo assieme i casi.
Trasferimento dei nostri dati personali dalle multinazionali IT al nuovo continente: i casi
Innanzitutto, un primo caso si riscontra nel 2019, quando si indagava su dei reati sessuali commessi ai danni di una minore. Quindi, gli investigatori si sono rivolti a Google ai fini di individuare i colpevoli del reato. Chiedevano alla multinazionale di fornire informazioni su chiunque avesse cercato il nome della vittima. Oppure, informazioni correlate al caso come il nome di sua madre o il suo indirizzo, per un arco temporale di 16 giorni.
Successivamente, a Google si chiedeva di fornire i dati dell’account e gli indirizzi IP di tutte le persone corrispondenti ai criteri di ricerca. Indubbiamente, anche se si trattasse di pochi account coinvolti, è una vicenda che desta perplessità e preoccupazione. Effettivamente, si tratterebbe di uno dei casi di keyword warrant di maggiore portata mai registrati.
Tuttavia, è bene ricordare che il Garante della Privacy europeo non agisce nella stessa maniera e una simile situazione non è verosimile nel “vecchio continente”.
Ad oggi, gli unici due casi simili resi noti al pubblico sono:
- nel 2020, quando si chiedevano i dati di chiunque avesse cercato l’indirizzo di una vittima di incendio doloso in un caso che coinvolgeva il cantante R Kelly;
- nel 2017, quando un giudice del Minnesota chiedeva a Google di fornire informazioni su chiunque avesse cercato il nome di una vittima di frode all’interno di una precisa città.
Leggi l’articolo completo su Secondo legge
LEGGI ANCHE:
Garante Privacy: i messaggi commerciali su LinkedIn non sono permessi