La Corte d’appello di Palermo è in forte ritardo sul deposito delle motivazioni di diverse sentenze cruciali, con conseguenze significative per il sistema giudiziario e politico. Tra i processi bloccati dall’assenza delle motivazioni ci sono casi di grande rilievo, come quello sulle Spese pazze dell’Assemblea Regionale Siciliana, risalente al 4 maggio dello scorso anno, e il processo Sorella Sanità, la cui sentenza è stata pronunciata il 1° dicembre 2023. Anche la condanna dell’assessore comunale di Palermo Totò Orlando (22 novembre 2023) attende ancora le motivazioni, a dieci mesi dalla pronuncia.
Totò Orlando è al centro di polemiche politiche che coinvolgono vari schieramenti, con la sua esclusione dalla giunta Lagalla richiesta da parte del centrodestra. Orlando è stato condannato per tentata concussione sia in primo che in secondo grado, con una pena di un anno e sei mesi, ma il deposito tardivo delle motivazioni blocca il passaggio della sentenza in Cassazione, lasciando il caso in un limbo giudiziario. La prescrizione non è imminente, ma potrebbe arrivare tra circa un anno, rendendo incerto l’esito finale del processo.
Se la sentenza d’appello fosse confermata, la legge Severino potrebbe non essere applicabile nel caso di Orlando, ma rimarrebbe comunque una questione politica: un assessore condannato per aver cercato di influenzare un esaminatore in una selezione pubblica si troverebbe in una posizione insostenibile.
Il ritardo nel deposito delle sentenze non è un caso isolato. La prima sezione della Corte d’appello di Palermo è stata colpita da un significativo turnover di magistrati, che ha generato un arretrato consistente. Nel caso delle Spese pazze, in cui è coinvolto anche l’ex sindaco di Catania e attuale senatore di Fratelli d’Italia, Salvo Pogliese, il rischio di prescrizione aumenta con il passare del tempo, favorendo indirettamente gli imputati. Anche nel processo Sorella Sanità, i tempi della prescrizione sono ancora lontani, ma la mancata conclusione del processo allontana la possibilità di vedere sanzioni definitive.
I tempi massimi per il deposito delle sentenze, fissati a sei mesi, sono spesso disattesi, nonostante norme disciplinari più stringenti introdotte per evitare ulteriori ritardi. Tuttavia, le conseguenze sono gravi: ritardi come questi non solo bloccano l’accesso alla giustizia, ma mettono a rischio prescrizioni e scarcerazioni anticipate, minando la credibilità del sistema giudiziario.
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