Il futuro della professione legale e il delicato equilibrio tra tecnologia e tutela dei diritti sono stati al centro del confronto ospitato nei giorni scorsi a Cernobbio, in occasione del forum promosso da The European House – Ambrosetti. Tra i protagonisti dell’incontro dedicato all’impatto dell’intelligenza artificiale sulle professioni, anche il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco, che ha offerto una riflessione concreta e non priva di moniti sulle ricadute dell’AI nel settore della giustizia.
Greco ha definito l’intelligenza artificiale «una grande tentazione», capace di attrarre per la sua efficienza e rapidità, ma allo stesso tempo potenzialmente pericolosa se utilizzata senza i necessari presidi etici e giuridici. «Pensiamo alla Cassazione — ha osservato — con i suoi 450 magistrati che pronunciano ognuno circa 350 sentenze all’anno. È naturale che, sotto simile pressione, la tentazione di affidare alla macchina la redazione di una decisione sia forte. Ma il nostro compito è vigilare perché il giudizio rimanga umano, insostituibile nella valutazione dei casi concreti».
Il dibattito, moderato da Ferruccio de Bortoli, ha toccato anche i limiti odierni dell’intelligenza artificiale nel diritto penale e civile. Greco ha spiegato come gli algoritmi, oggi, si basino essenzialmente su precedenti e dati già esistenti, senza la capacità di cogliere le peculiarità delle situazioni personali o di valutare il peso specifico di una sentenza della Cassazione rispetto a decisioni di primo grado, anche se numericamente prevalenti.
Un esempio emblematico riguarda il diritto del lavoro: «Se in una grande azienda venissero licenziate 2.000 persone e i giudici di primo grado emettessero decisioni identiche, cosa accadrebbe se la Cassazione rovesciasse anche una sola di quelle sentenze? L’intelligenza artificiale sarebbe capace di riconoscere la superiorità di quella singola pronuncia nella gerarchia delle fonti? O continuerebbe a privilegiare la statistica?», ha provocatoriamente domandato il presidente del Cnf.
Non è la prima volta che l’avvocatura italiana si trova a intervenire sui rischi di una giustizia “algoritmica”. Greco ha ricordato come, un anno e mezzo fa, fu proprio il Consiglio Nazionale Forense, insieme ai vertici della Cassazione e alla Procura generale, a chiedere di bloccare un progetto ministeriale che prevedeva l’impiego di AI per l’elaborazione di testi normativi.
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