Vi è mai capitato di ricevere messaggi commerciali non autorizzati su LinkedIn? Promozioni, offerte o altro provenienti da contatti che vogliono solo pubblicizzare i loro servizi?
Se la risposta è sì e trovate la pratica fastidiosa, sappiate che già nel 2013 il Garante aveva pubblicato delle linee guida contro lo spam via social network. Le regole sono tuttora valide, ma troppo spesso vengono ancora eluse.
E infatti il Garante si è espresso nuovamente in materia di recente, sanzionando una piccola agenzia immobiliare rea di aver contattato tramite LinkedIn una utente, senza alcuna conoscenza pregressa né tantomeno avere il consenso all’invio di messaggi commerciali.
MESSAGGI COMMERCIALI SU LINKEDIN, IL CASO
Il messaggio inviato dall’agenzia riguardava l’offerta di specifici servizi riferiti a un immobile di proprietà della signora contattata. L’agenzia era riuscita a scovarla usando dati ricavati dal registro del catasto.
La signora si è allora rivolta al Garante e quest’ultimo, dopo svariati solleciti, ha raccolto le motivazioni dell’agenzia immobiliare, che riportiamo di seguito:
– l’esistenza del profilo LinkedIn della signora comportava l’autorizzazione a essere contattata da altri utenti;
– l’agenzia immobiliare riteneva di avere il diritto di contattare la signora tramite il servizio di messaggistica di LinkedIn, dopo aver verificato che fosse proprio lei la proprietaria dell’immobile;
– il profilo social della signora sarebbe stato impostato per essere in grado di ricevere messaggi da qualunque altro utente di LinkedIn;
– la conversazione tra le parti è avvenuta in modalità riservata one-to-one tra la signora e l’incaricato dell’agenzia.
L’OPINIONE DEL GARANTE
Il Garante ha rigettato tali giustificazioni.
Infatti:
– l’iscrizione di un utente a un social network sottosta alle condizioni di contratto della piattaforma, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei dati degli iscritti. Nel caso in oggetto, il Garante afferma che LinkedIn
«ha come finalità quella di mettere in contatto individui che condividono gli stessi interessi professionali, per favorire lo scambio di conoscenze o le opportunità lavorative»
e non quella di
«inviare messaggi ad altri utenti con lo scopo di vendere prodotti o servizi anche se in ciò consiste, evidentemente, la propria attività lavorativa»;
– il contatto a scopo commerciale non era lecito, nonostante il profilo dell’utente fosse disponibile a ricevere qualunque messaggio:
«non ha alcuna rilevanza il fatto che il profilo di un utente sia aperto o meno alla ricezione di contatti da parte di altri utenti del network perché ciò che conta è la finalità – in questo caso promozionale – per cui il messaggio è inviato»;
– che il messaggio fosse privato non ha rilevanza, se non nel valutare il tipo di violazione (se il messaggio fosse stato pubblico e visibile da terzi, la gravità sarebbe stata maggiore);
– se la verifica della titolarità di un immobile è consentita per legge, non si può dire altrettanto dell’utilizzo di quel dato per l’invio di messaggi promozionali.
Si ricorda che, per quanto riguarda la liceità del trattamento dei dati personali, il riferimento normativo principale è l’art. 6 del GDPR.
AMMONIMENTO E SANZIONE
Nel quantificare la sanzione legata all’illecito, il Garante ha tenuto conto di vari aspetti legati alla società, come l’assenza di precedenti o il suo essere una “microimpresa”. Pertanto, ha comminato solo un ammonimento, senza alcuna sanzione pecuniaria.
La società è stata però punita con una sanzione pecuniaria di 5000€ per il suo comportamento non collaborativo. L’agenzia immobiliare ha infatti tardato a fornire le informazioni richieste ripetutamente dal Garante, che ha dovuto così ricorrere alla notifica tramite il Nucleo speciale privacy della Guardia di Finanza:
«il reiterato mancato riscontro ha comportato un appesantimento dell’attività istruttoria con la conseguente dilatazione dei tempi di definizione del procedimento e con aggravio di costi connessi alla necessità di inviare i militari della Guardia di Finanza per la notifica dell’atto. […] Non ha giustificato in alcun modo il proprio silenzio limitandosi a scusarsi per il ritardo solo dopo aver ricevuto la notifica dell’atto da parte della Guardia di Finanza e senza tuttavia fornire alcuna motivazione in merito alle mancate risposte».
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