Gli errori giudiziari rappresentano però una macchia sull’immagine della Giustizia, nonché un costo: dal 1992 al 2017 lo Stato ha versato circa 656 milioni di euro in risarcimento alle vittime di ingiusta detenzione.
Interrogarsi sulle cause di questi errori e cercare soluzioni affidabili sono stati i temi al centro del recente convegno “Gli errori giudiziari e la loro riduzione, le linee guida psicoforensi” tenutosi presso la sede del Consiglio Nazionale Forense e che ha visto la partecipazione di psicologi forensi, avvocati e magistrati.
Durante il convegno, Guglielmo Gulotta, professore, psichiatra e anche avvocato, ha presentato le “linee guida psicoforensi” che, come suggerisce il loro nome, hanno lo scopo di offrire dei riferimenti per evitare o gestire una serie di bias cognitivi che possono portare a errori giudiziari.
ESEMPI DI BIAS COGNITIVI CHE PORTANO AD ERRORI GIUDIZIARI
Uno di questi bias è la cosiddetta ‘visione a tunnel’.
Una volta formulata un’ipotesi, la mente umana tende a riconoscere e a sottolineare tutto ciò che la conferma, mentre tende a ignorare o a riconoscere poca importanza a ciò che la confuta.
Un esempio di come questo bias possa influenzare un caso giudiziario riguarda le identificazioni: il comportamento dell’ufficiale può essere condizionato dal sapere o meno se, dall’altra parte del vetro, si trovi o meno il sospettato, e questo condizionamento si ripercuote sul giudizio della vittima chiamata a identificare.
Un altro bias riguarda l’effetto di domande che possono spingere un testimone verso alcune dichiarazioni e non altre o a revisionare i propri ricordi.
Anche la valutazione di malattie psichiatriche che possano modificare la percezione del delitto è soggetta a inciampi. Infatti, tale valutazione si basa soprattutto su quanto dichiarato dal ‘paziente’ stesso e sono, quindi, fortemente influenzate da aspetti soggettivi.
Che dire poi del peso che stereotipi e pregiudizi hanno sul giudizio dei sospettati?
COME PREVENIRE GLI ERRORI GIUDIZIARI
Trovare un metodo scientifico che possa aiutare ad evitare errori giudiziari non è cosa semplice.
Il primo problema evidenziato da Guglielmo Gulotta è la mancanza di un sistema simile a quello presente nei paesi anglosassoni, dove esistono database creati a partire dalle sentenze di revisione e che consentono di riconoscere e analizzare gli errori più comuni.
Un simile lavoro di analisi permetterebbe di riconoscere i punti deboli del sistema e, conseguentemente, di individuare più facilmente eventuali contromisure.
Uno di questi punti deboli si trova, secondo il penalista Antonio Forza, nella fase investigativa, almeno per quanto riguarda i processi penali: “l’investigatore rischia di orientarsi in una determinata direzione perdendo di vista tutti gli elementi non in linea con questa”.
Neuroscienze e tecnologie rappresentano un valido aiuto nella prevenzione dell’errore.
Riprendendo l’esempio della valutazione di una malattia psichiatrica come attenuante, una semplice risonanza magnetica al cervello permetterebbe di avere un dato oggettivo, non manipolabile, a supporto o meno della percezione del ‘paziente’.
Studi e ricerche affidabili rappresentano un’ottima fonte dalla quale trarre informazioni che possano portare a un giudizio meno influenzato da bias cognitivi.
Ma, poiché gli errori giudiziari sono fondamentalmente errori umani, uno degli aspetti su cui è indispensabile lavorare è la consapevolezza dei soggetti coinvolti nel procedimento.
Le “linee guida psicoforensi”offrono indicazioni concettuali e metodologiche che avvocati, giudici e altri soggetti possono applicare facilmente e che permettono, già da sole, di gestire alcuni dei processi mentali più rischiosi.
Leggi il testo originale delle “linee guida psicoforensi”.
[Parte delle informazioni contenute in questi articolo sono tratta da “Il convegno, gli psicologi, i legali e le toghe insieme per ridurre gli errori giudiziari “pubblicato su Il Dubbio il 7 novembre 2019]
———-
LEGGI ANCHE: