Certamente la vita degli avvocati è diventata più semplice grazie all’art.28 del Decreto Semplificazioni 76/2020 che permette di notificare gli atti via PEC anche alle PA che non hanno mai comunicato il proprio indirizzo al Reginde.
Il Reginde, registro generale degli indirizzi elettronici, non è il solo registro a cui può attingere un avvocato, ma il decreto legge 179/2012 l’ha classificato come unico elenco “ufficiale” di indirizzi PEC delle PA.
Al D.L. 179/2012 va dunque fatta risalire la genesi di una delle maggiori perplessità vissute dagli avvocati: come si può notificare telematicamente un atto a una PA se il suo indirizzo PEC non è presente nell’unica fonte ufficiale?
Oltre a tale misura, ricordiamo che il decreto si focalizza sulla semplificazione e la digitalizzazione del sistema Italia e molte altre sono le disposizioni indicate in tal senso. Tra queste, per esempio, l’obbligo di rendere lo SPID l’unico sistema di accesso ai servizi online della pubblica amministrazione.
NOTIFICARE GLI ATTI VIA PEC NON NEL REGINDE: PROBLEMI DI NULLITÀ
Molti avvocati chiedevano da tempo che venisse risolta la questione della validità degli indirizzi PEC tratti da altri registri, primo fra tutti l’IPA, l’indice dei domini digitali della pubblica amministrazione.
A dir la verità, lo stesso decreto legge 179/2012 aveva fissato una data, il 30 novembre 2014, entro la quale le PA avrebbero dovuto comunicare il proprio indirizzo PEC al Reginde. Tante non lo hanno mai fatto, costringendo gli avvocati a recarsi agli sportelli per effettuare le notifiche cartacee anche durante il lockdown.
Ricordiamo che la possibilità di notificare gli atti via PEC anche alle PA che non hanno mai comunicato il proprio indirizzo al Reginde è realtà dal 17 luglio 2020, e che gli atti vanno sempre notificati all’indirizzo primario indicato nel registro di riferimento.
Con tale disposizione si superano i limiti dell’art. 160 c.p.c., secondo il quale una notifica effettuata a mezzo PEC a un indirizzo non indicato nel Reginde deve considerarsi nulla.
Oggi, dunque, la burocrazia e la stessa Giustizia appaiono un po’ più vicine ai modelli di innovazione digitale a cui l’intero paese deve aspirare, soprattutto davanti alla sfide portate dall’attuale contesto sociale, economico e sanitario.
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