La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla cosiddetta doppia conforme, riaffermando un orientamento consolidato: quando le sentenze di primo e secondo grado risultano identiche per motivazioni e ricostruzione dei fatti, il ricorso in Cassazione non è proponibile, salvo che non si dimostri una divergenza concreta tra le due decisioni.
A fissare il principio è l’ordinanza n. 5881/2025, depositata lo scorso 5 marzo. Il Collegio di Piazza Cavour ha evidenziato che, nel caso esaminato, la parte ricorrente non aveva indicato le eventuali differenze tra il giudizio di primo grado e quello d’appello. Una mancanza che rendeva inammissibile il ricorso di legittimità.
Il punto centrale della decisione riguarda la necessità, in presenza di sentenze conformi nei due gradi di merito, di specificare le eventuali difformità tra le motivazioni, pena l’inammissibilità del ricorso. Un principio che la recente riforma Cartabia, intervenuta con il decreto legislativo 149/2022, ha implicitamente confermato modificando l’articolo 360 del codice di procedura civile, pur eliminando il precedente filtro di inammissibilità previsto in appello dall’articolo 348-ter.
La Suprema Corte ha inoltre ribadito che, in caso di doppia conforme, resta escluso il motivo di ricorso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5, relativo all’omesso esame di un fatto decisivo già discusso dalle parti, in quanto la valutazione probatoria rimane di esclusiva competenza dei giudici di merito.
Un principio ribadito anche dalla sezione tributaria della Cassazione con la recente pronuncia n. 5445/2025, che conferma l’impossibilità per il giudice di legittimità di sovrapporre una propria valutazione a quella uniforme già espressa nei precedenti gradi di giudizio.
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