Roma — Una legge per tutelare il diritto alla buona fama e alla riservatezza nella rete internet nei casi di proscioglimento o archiviazione dei procedimenti penali: è la proposta annunciata nei giorni scorsi dalla deputata leghista Simonetta Matone, ex magistrato e attuale componente della Commissione Giustizia della Camera. Il testo, ancora non disponibile, prevede anche l’obbligo di pubblicazione delle sentenze di proscioglimento, per ristabilire l’onore di chi è stato coinvolto in vicende giudiziarie poi concluse senza condanna.
Il tema è tutt’altro che nuovo nel panorama giuridico italiano. La recente riforma Cartabia del processo penale ha già introdotto, con l’articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, il diritto per gli assolti o per coloro a cui è stata archiviata l’indagine di chiedere la deindicizzazione dei propri dati dai motori di ricerca. Una misura però, che — come segnalano numerosi esperti — non cancella la notizia dalla rete, limitandosi a renderla meno visibile se associata al nome dell’interessato.
In pratica, è sufficiente una ricerca alternativa, magari collegata al nome di un coimputato o di un magistrato, per far riemergere la notizia deindicizzata. La situazione è ulteriormente complicata dalla crescente capacità dei sistemi di intelligenza artificiale, in grado di collegare dati e informazioni al di là dei filtri applicati.
Il dibattito resta quindi aperto tra diritto alla riservatezza e diritto all’informazione. Sul punto era intervenuto anche il deputato forzista Enrico Costa, sottolineando l’impossibilità di cancellare davvero una notizia relativa a un personaggio pubblico. La posizione dei colossi del web, come Google, è chiara: una notizia può essere deindicizzata solo se aggiornata con i successivi sviluppi giudiziari, e comunque va valutato l’interesse pubblico alla reperibilità delle informazioni, soprattutto quando riguardano figure di rilievo.
A stabilirlo sono anche le indicazioni della Corte di Giustizia UE e del Comitato europeo per la protezione dei dati, che riconoscono una prevalenza dell’interesse generale alla conoscenza delle vicende giudiziarie di politici, alti funzionari, imprenditori e professionisti.
In questo scenario si inserisce il nuovo Codice deontologico dei giornalisti italiani, approvato lo scorso anno e in vigore dal prossimo giugno. Per la prima volta viene normato il diritto all’oblio, precisando che il giornalista deve rispettare l’identità personale ed evitare riferimenti inutili al passato, aggiornando le notizie e valutando le richieste di deindicizzazione.
Ma, come denunciano molti osservatori, si è ancora lontani da una reale tutela. La proposta Matone punta a colmare questo vuoto, tentando di risolvere una questione che ciclicamente si ripresenta, tra esigenze di giustizia mediatica e il rischio di una rete che conserva tutto, per sempre.
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