Un importante chiarimento arriva dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23406 del 23 giugno 2025. Al centro della decisione, un nodo interpretativo sorto dopo la riforma Cartabia, riguardante il diritto della parte civile di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento del Giudice di pace per reati di minore gravità.
La vicenda trae origine da un procedimento penale celebrato davanti al Giudice di pace di Torino. L’imputato era accusato di diffamazione per aver affermato che un dirigente di una società fosse sottoposto a procedimento disciplinare. Il giudice aveva assolto l’imputato «perché il fatto non sussiste». Contro tale decisione la parte civile — il soggetto diffamato, anche in qualità di rappresentante della società coinvolta — aveva proposto appello, rivendicando il diritto al risarcimento dei danni civili derivanti dal reato.
Il Tribunale di Torino aveva però sollevato un dubbio interpretativo, considerando che, a seguito della riforma introdotta con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, le sentenze di proscioglimento per reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa — come appunto la diffamazione — sono diventate inappellabili per l’imputato e il pubblico ministero. La questione era se questa inappellabilità valesse anche per la parte civile.
La Quinta Sezione penale della Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sul punto, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite. Il quesito di fondo era: la parte civile che non ha chiesto la citazione a giudizio può comunque appellare, ai soli effetti civili, la sentenza di assoluzione pronunciata dal Giudice di pace per un reato di questo tipo?
La risposta delle Sezioni Unite è stata netta: sì, la parte civile mantiene tale facoltà. Il principio espresso dalla Suprema Corte è che le modifiche normative introdotte non hanno inciso sulla possibilità per la parte civile di impugnare le sentenze di proscioglimento, ai soli fini della responsabilità civile, ai sensi dell’art. 576 del codice di procedura penale.
La ratio è chiara: l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento per i reati minori, prevista dall’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., riguarda solo il pubblico ministero e l’imputato, non la parte civile, il cui diritto a tutelare le proprie ragioni in sede civile rimane integro. Un orientamento, questo, coerente anche con la sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2022, che aveva già dichiarato l’illegittimità di norme che ostacolavano la domanda risarcitoria della parte civile in casi di particolare tenuità del fatto.
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