Il 16 dicembre 2020 sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo lo stop alla prescrizione che è stato introdotto a marzo con la sospensione dell’attività penale a causa del COVID.
COVID E SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE
La sospensione della prescrizione era stata disposta dai decreti legge 18 e 23 del 2020, mentre il congelamento dei processi dal 9 marzo all’11 maggio ha rappresentato prima forma di gestione dell’emergenza sanitaria.
Per la Consulta questo stop alle attività può essere considerato una causa di sospensione della prescrizione, come indicata all’articolo 159 del codice penale. L’articolo spiega infatti che il corso della prescrizione è sospeso «ogni qualvolta la sospensione del procedimento o del processo penale sia imposta da una particolare disposizione di legge».
RETROATTIVITÀ DELLA PRESCRIZIONE
Dunque, per la Corte la sospensione della scorsa primavera «non contrasta con il principio costituzionale di irretroattività della legge penale più sfavorevole».
Ma i Tribunali di Siena, di Spoleto e di Roma avevano sollevato dubbi sulla applicabilità della sospensione della prescrizione ai processi relativi a reati commessi prima dell’entrata in vigore dei due decreti legge citati.
La Corte Costituzionale ha però dichiarato «la non fondatezza delle questioni con riferimento al principio di legalità sancito dall’articolo 25 della Costituzione» e «l’inammissibilità con riferimento ai parametri europei richiamati dall’articolo 117, primo comma, della Costituzione».
CONTENUTO DELLA SENTENZA
La sentenza spiega che:
– «il principio di legalità richiede che l’autore del reato non solo debba essere posto in grado di conoscere in anticipo quale sia la condotta penalmente sanzionata e la pena irrogabile» ma «deve avere anche previa consapevolezza della disciplina concernente la dimensione temporale in cui sarà possibile l’accertamento del processo, con carattere di definitività, della sua responsabilità penale, ossia la durata del tempo di prescrizione, anche se ciò non comporta la precisa determinazione del ‘dies ad quem’ in cui maturerà la prescrizione»;
– «l’articolo 159 del codice penale ha una funzione di cerniera, perché contiene da un lato una causa generale di sospensione, che scatta quando la sospensione del procedimento o del processo è imposta da una particolare disposizione di legge; e dall’altro lato, un elenco di casi particolari»;
– «la temporanea stasi ex lege del procedimento o del processo determina, in via generale, una parentesi del decorso del tempo della prescrizione, le cui conseguenze investono tutte le parti: la pubblica accusa, la persona offesa costituita parte civile e l’imputato. Così come l’azione penale e la pretesa risarcitoria hanno un temporaneo arresto, per tutelare l’equilibrio dei valori in gioco è sospeso anche il termine per l’indagato o per l’imputato».
– il decorso della prescrizione è «pienamente compatibile con il canone della ragionevole durata del processo» e «sul piano della ragionevolezza e della proporzionalità, la norma è giustificata dalla tutela del bene della salute collettiva per contenere il rischio di contagio da coronavirus, in un momento di eccezionale emergenza sanitaria».
Tutto ciò si pone in contrasto con quanto affermato dalla Corte in precedenza (sentenza Cedu “Taricco”) secondo cui «nell’ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione è soggetto al principio di legalità in materia penale, espresso dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione» e che il principio di legalità in materia penale esprime un principio supremo dell’ordinamento «posto a presidio dei diritti inviolabili dell’individuo, per la parte in cui esige che le norme penali non abbiano in nessun caso portata retroattiva».
[Fonte: Il Dubbio – E il covid fa persino diventare retroattive le leggi sulla prescrizione]
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