Che cosa si intende con gender gap?
Spesso utilizzata in maniera inappropriata, l’espressione gender gap definisce la disparità di genere e il divario lavorativo, economico e politico che esiste tutt’ora tra il genere femminile e quello maschile, ma anche ad altre differenze di genere non attribuibili soltanto al classico binomio donna/uomo.
Ancora oggi, in Italia e nel resto del mondo, ci sono pregiudizi che entrambi i generi (ma soprattutto quello femminile) sono tenuti a sopportare, con le conseguenti differenze, talvolta abissali, per quanto riguarda le opportunità lavorative, oltre a quelle relative al divario retributivo, alla parità di ruoli e alle ore lavorate.
Gender Gap vs Gender Equality
Se gender gap indica le differenze tra i generi, l’espressione gender equality, invece, sottolinea il concetto di uguaglianza tra il mondo femminile e quello maschile.
Queste tematiche, negli ultimi anni, hanno assunto rilevanza a livello politico, sociale e nel mondo del business. La motivazione iniziale era collegata al rispetto della dignità dell’essere umano, in generale, senza far distinzione di alcun tipo e genere.
Tuttavia, un po’ alla volta, il tema ha cominciato a diventare sempre più di interesse pubblico, diventando un caposaldo attorno al quale costruire una società e un mondo del lavoro più sano. Sostanzialmente, la differenza di genere non deve essere una fonte di divario, ma di complementarietà, forza e opportunità.
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Anche il World Economic Forum, l’appuntamento economico-sociale più importante dell’anno, si è dotato di un Global Gender Gap Index. Parliamo di uno studio completo con l’elaborazione di un rapporto finale, che viene pubblicato tutti gli anni e che riporta i dati del divario di genere.
Vengono considerati i seguenti indici: situazione economica e opportunità lavorative, salute e sopravvivenza, istruzione, ed infine, partecipazione alla vita politica
Lo studio valuta, secondo una scala che va da 0 a 100, l’attuale divario di genere e la sua evoluzione nel corso del tempo. Nell’ultimo rapporto, quello del 2022, riporta che a livello mondiale il divario di genere è stato colmato per una percentuale corrispondente al 68%.
Tuttavia, il trend dimostra anche che per un’effettiva gender equality ci vorranno almeno altri 132 anni.
Nessun Paese in tutto il mondo è riuscito a raggiungere al 100% la parità di genere. In generale, l’Islanda si piazza al primo posto tra i paesi in cui il divario risulta meno accentuato, con un 91% di parità di genere. L’Italia, ahimè, non si piazza bene né nella classifica mondiale, dato che si trova al 63esimo posto, e nemmeno nella classifica UE (14esimo posto).
Divario retributivo
Per quanto riguarda il divario retributivo tra il genere femminile e quello maschile, l’indice fa riferimento allo stipendio lordo medio, a parità di funzioni e ruoli lavorativi.
Secondo gli ultimi dati, in Italia questo divario si attesta intorno al 13%, con una media europea del 16,3%. Sono dati che vanno letti e interpretati all’interno di considerazioni più ampie, e non alla lettera.
Il problema, infatti, non è soltanto la differenza retributiva a parità del proprio ruolo sul lavoro, ma anche che alcune posizioni ai vertici sono riservate quasi esclusivamente agli uomini. Inoltre, la percentuale di donne disoccupate continua ad essere maggiore rispetto a quella maschile.
Considerando anche questi altri fattori, possiamo osservare che il gap cresce ancora di più, arrivando al 44% in Italia, su una media europea del 40%. È opportuno considerare anche che la pandemia sembra aver amplificato tale divario.
Quali sono le cause del gender gap?
L’Italia, nonostante sia uno dei Paesi maggiormente industrializzati in tutto il mondo, ha molteplici cause che possono essere ricondotte a questo divario, come, per esempio:
- un numero minore di donne che lavorano in ambito technology, che attualmente è tra i campi maggiormente in crescita nel mercato;
- sospensione o interruzione di carriera a causa della maternità;
- sospensione o interruzione di carriera a causa di ruoli di assistenza a familiari in difficoltà (caregiver);
- dimissioni volontarie per conciliare meglio vita lavorativa e privata;
- pregiudizi durante le fasi di selezione, soprattutto verso le lavoratrici più giovani.
Tutte queste cause limitano l’accesso alle posizioni di vertice alle donne, portandole anche a non partecipare continuativamente alla vita aziendale, con più contratti part-time e congedi parentali. Inoltre, alimentano i pregiudizi (anche personali) sulla propria carriera che le spingono a rinunciare volontariamente al loro posto di lavoro.
Cosa possono fare le aziende in 10 punti
Ogni azienda adotta le politiche più appropriate al proprio stile e al proprio valore e in linea con le proprie necessità organizzative. Ma sono le persone fisiche come HR manager, CEO e Direttori Generali, tuttavia, che fanno la differenza in base alla propria sensibilità sull’argomento.
Ma quali sono le azioni effettive che un’azienda dovrebbe adottare al fine di ridurre il più possibile o eliminare completamente la gender gap?
- Politiche di sostegno alla maternità, partendo dallo smart working sino ad arrivare al bonus asilo o all’implementazione di asili interni;
- Personalizzazione dei percorsi di carriera, che tengano presente delle esigenze delle lavoratrici-madri;
- Maggior sostegno alla leadership femminile, assicurando anche posizioni di vertice a figure femminili che sono state formate adeguatamente;
- Parità a livello retributivo, basandosi su criteri meritocratici condivisi e trasparenti;
- Gestione meritocratica dei colloqui in fase di selezione;
- Gestire la privacy interna in modo tale che le varie informazioni possano diventare fonte indiretta o diretta della disparità di genere;
- Coinvolgere attivamente le persone nei progetti, senza alcuna preclusione a livello di genere;
- Azioni concrete che garantiscono a tutti, donne incluse, benessere lavorativo;
- Dare un buon esempio da parte delle persone che occupano posizioni al vertice;
- Sensibilizzare e diffondere a qualsiasi livello la cultura della gender equality.
Tutto questo porta a maggiori e migliori performance, maggior produttività, innovazione e flessibilità, favorendo anche un miglior clima aziendale che porta, inevitabilmente, al benessere per i singoli ma anche per l’azienda in generale.
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