Il Rapporto Clusit evidenzia come i criminali informatici quest’anno stiano facendo leva sul coronavirus per portare a compimento i loro attacchi. Il primo semestre 2020 ha rappresentato un momento difficile per la sicurezza informatica con 850 attacchi, il 7% in più rispetto al 2019.
PERCHÈ IL CORONAVIRUS FAVORISCE GLI ATTACCHI INFORMATICI
Il coronavirus sta avendo un forte impatto sulle vite di tutti noi, sia da un punto di vista pratico che emotivo. La paura genera un bisogno di sicurezza che porta molti utenti ad abbassare la guardia davanti a messaggi che promettono informazioni o metodi per tutelarsi.
I cyber criminali lo sanno e sfruttano questa debolezza a loro vantaggio. Le loro attività comprendono:
- estorsioni (circa il 72% dei casi)
- espionage e information warfare (28%)
- diffusione di fake news per esasperare la confusione.
Phishing, truffe, social engineering e ransomware sono le tecniche più utilizzate.
IL PESO DELLO SMART WORKING
Oltre alla parte emotiva, gli attacchi informatici vanno più facilmente a segno anche grazie allo smart working, spesso applicato in modo frettoloso e approssimativo.
Andrea Zapparoli Manzoni, uno degli autori del Rapporto Clusit, ha spiegato che «il fatto di avere tante persone in lockdown e smart working apre finestre di opportunità incredibili per il cyber crime».
Giusto per darne un’idea, basta pensare che il lavoro da casa comporta:
– l’uso di reti internet casalinghe e di strumenti privati che non hanno gli stessi sistemi di sicurezza delle reti e dei computer aziendali. Ciò significa una maggiore vulnerabilità a livello “tecnico”;
– una più facile condivisione involontaria di informazioni (Luca Bechelli, membro del Comitato scientifico del Clusit, spiega: «se sto trattando informazioni riservate al telefono e nel mentre ho qualcuno in casa che sta svolgendo una conferenza, può sentire quello che dico. Già solo questo comportamento presuppone un cambio di approccio, perché può determinare problemi gravi»).
SOLUZIONI?
Davanti alla velocità con la quale i cyber criminali si adattano ai nuovi contesti, le misure di sicurezza informatica adottate finora potrebbero non essere sempre efficaci.
Gabriele Faggioli, presidente Clusit, fa notare che «l’aumento dei rischi è superiore alle difese, soprattutto in un anno come questo» e che in ambito security «nel 2020 c’è stata anche una contrazione negli investimenti: l’Italia è già indietro rispetto altri Paesi, però il fenomeno delle minacce è andato avanti».
Lo stesso Faggioli indica una possibile soluzione: formazione e investimenti mirati, «le aziende devono sapere dove rischiano di più per capire dove intervenire».
[Fonte: Cybersecurity360]
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