Si può parlare di infortunio in smart working?
IL CASO
L’Inail ha riconosciuto un indennizzo per infortunio a una donna caduta dalle scale di casa mentre era al telefono, per lavoro, durante l’orario di smart working.
Inizialmente l’INAIL ne aveva respinto la richiesta di indennizzo ma a seguito del ricorso della donna, l’istituto ha rivisto la propria posizione e ha concesso un risarcimento di 20.000 euro più le spese mediche.
LA BASE GIURIDICA PER IL RICONOSCIMENTO DELL’INFORTUNIO IN SAMRT WORKING
L’infortunio in smart working è coperto dall’art. 23 della legge n. 51 del 2017 sul lavoro agile.
Tale legge estende anche ai lavoratori in smart working le tutele previste in caso di infortunio sul lavoro e di malattie professionali, collegati a prestazioni lavorative effettuate fuori dai locali aziendali.
La legge tratta anche l’infortunio in itinere, ovvero l’infortunio che avviene nel percorso di andata e ritorno dall’abitazione al luogo in cui verrà svolto il proprio lavoro.
Anche la circolare INAIL n. 48 del 2 novembre 2017 tratta l’infortunio in caso di smart working, precisando che il lavoratore viene tutelato non solo durante l’attività lavorativa vera e propria, ma anche durante le attività connesse e propedeutiche allo svolgimento delle prime.
IL “RISCHIO ELETTIVO”
La circolare specifica anche che la copertura assicurativa non ricade sui rischi che il lavoratore in smart working si assume di sua spontanea volontà contravvenendo alle misure indicate dal datore di lavoro.
Nel caso dovesse infortunarsi, il lavoratore potrebbe tentare di ottenere un indennizzo dimostrando che è stato il datore di lavoro a non valutare correttamente i rischi della prestazione lavorativa o a non aver fornito adeguata formazione per contenerli.
GLI ITALIANI E LO SMART WORKING
La tematica dell’infortunio in smart working è destinata a diventare col tempo una questione di ordinaria amministrazione, data la crescita del lavoro agile nel nostro paese dovuta al perdurare della pandemia.
Secondo l’osservatorio Smart Working, gli italiani che nel 2020 hanno lavorato da casa sono stati infatti ben 6,58 milioni, contro i 570 mila del 2019.
Anche qualora la crisi sanitaria dovesse risolversi, è però plausibile che non si torni più alla situazione pre-covid e che molte aziende e molti lavoratori continuino a scegliere di lavorare da remoto.
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