Roma, 3 giugno 2024 – La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21894 del 31 maggio 2024, ha fatto chiarezza sul rapporto tra premeditazione e grave disturbo della personalità.
Secondo la Cassazione, la premeditazione, intesa come ferma e lucida volontà di commettere un delitto, può essere esclusa in presenza di un accertato grave disturbo della personalità, funzionalmente collegato all’agire e tale da incidere, facendola scemare grandemente, sulla capacità di volere.
In tali casi, l’accertamento della premeditazione richiede un approfondito esame delle emergenze processuali che porti ad escludere, con assoluta certezza, che la persistenza del proposito criminoso sia stata concretamente influenzata da uno degli aspetti patologici correlati alla formazione od alla persistenza della volontà criminosa.
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La Cassazione ha precisato che, pur non essendovi in astratto incompatibilità tra vizio parziale di mente e premeditazione, l’aspetto patologico, quando è stato ritenuto influente sull’atto commesso, va a ricadere sulle capacità di lineare ideazione o di autocontrollo, aspetti che indubbiamente coinvolgono la circostanza aggravante della premeditazione.
Compito del giudice del merito, pertanto, è quello di analizzare l’incidenza del disturbo psichico, nel senso della esistenza di una rimproverabilità in concreto della premeditazione (naturalisticamente intesa), rimproverabilità che è da escludersi quando l’atteggiamento psichico (fermezza del proposito criminoso) è influenzato da fattori patologici.
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