Augusto Barbera, 85 anni e professore emerito di diritto all’Università di Bologna, è stato eletto presidente della Corte Costituzionale.
Rispondendo ad una domanda circa la parità di genere, il neo Presidente dichiara: «Per quanto riguarda la questione femminile posso scatenarmi, nel senso che la Corte costituzionale non solo ha le carte in regola ma è andata avanti».
«Tanto è stato fatto anche con le sentenze», prosegue. La Corte, nel 1962 ha «aperto l’accesso alla magistratura e agli altri impieghi pubblici al genere femminile», mentre con la sentenza del 1968 «è intervenuta sul reato di adulterio, che era condannato per le donne ma non per gli uomini».
Nel 1975 arriva la decisione sull’interruzione volontaria di gravidanza che «ha aperto la strada alla legge 194». Recentemente, nel 2022, è arrivata la decisione sul doppio cognome e quest’anno «quella sulla procreazione medicalmente assistita che ha affermato l’irrevocabilità del consenso dell’uomo dopo la fecondazione».
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
In ogni caso, per il Presidente il traguardo non è ancora stato raggiunto. «Non è invece ancora stato attuato l’invito della Corte a tenere conto dei diritti del nato anche se frutto di una relazione penalmente non consentita, mi riferisco ad esempio alla gestazione per altri. Lì c’è un problema aperto, una ferita ancora aperta nell’ordinamento italiano che spetta poi al Parlamento chiudere».
Per quanto riguarda l’istituzione del matrimonio, secondo Barbera «la norma è stata sottoposta ad una lettura che è più avanzata, che tiene conto di ciò che è accaduto nella società in questi ultimi decenni». Sottolinea, comunque, che la «rilettura di una norma costituzionale» dev’essere «fatta non in maniera sola e isolata» in quanto appartenente «alla capacità della società, dei giudici, della Corte Costituzionale».
Infatti, «nessun giudice può muoversi da solo, neanche la Corte costituzionale e nessuna maggioranza politica può prescindere dai giudici, cioè si tratta di rinnovare il testo costituzionale leggerlo in un “contesto”, per rinnovare l’ordinamento costituzionale nel suo complesso».
Il codice civile, fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 stabiliva che «il marito è il capo della famiglia; la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza».
Nel nuovo testo, invece, (art. 144 del codice civile), «i coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa».
LEGGI ANCHE:
Solo il 36% dei laureati in giurisprudenza decide di diventare avvocato