Il difensore di Filippo Turetta che già era stato destinatario di una petizione affinché rinunciasse al mandato e l’Università ove insegna, se ne dissociasse, è in questi giorni nuovamente oggetto di pesanti attacchi a causa dell’arringa difensiva pronunciata in favore del proprio assistito. La nota della Giunta e dell’Osservatorio Avvocati Minacciati.
Dobbiamo purtroppo registrare l’ennesima aggressione alla funzione difensiva e all’avvocato che la esercita.
Il difensore di Filippo Turetta che già era stato destinatario di una petizione affinché rinunciasse al mandato e l’Università ove insegna, se ne dissociasse, è in questi giorni nuovamente oggetto di pesanti attacchi a causa dell’arringa difensiva pronunciata in favore del proprio assistito.
Occorre ancora una volta ricordare che il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, è principio supremo dell’ordinamento. E non può essere mai messo in discussione a prescindere dall’atrocità del crimine commesso.
Ogni avvocato che si accinga alla propria discussione finale in un processo nel quale assiste un imputato di omicidio, sa bene di muoversi su un terreno delicatissimo.
Sa di doversi adoperare al meglio affinché il proprio assistito sia giudicato secondo le regole di un processo giusto ed equo; sa, nel contempo, che ogni sua parola è una freccia che può ferire, anche quando è necessaria o, addirittura, doverosa. E ferirà, sempre e comunque.
Pubblico Ministero, Difensori delle parti, Giudici non possono, però, sottrarsi per questo al loro dovere di contribuire a quel difficilissimo risultato che è l’accertamento della verità (con l’accettazione del fatto che sarà sempre e solo una verità “per approssimazione”).
Lo debbono fare per non snaturare il loro indispensabile (e interconnesso) ruolo.
Con le esternazioni nei confronti del difensore di Filippo Turetta, alimentate dalla inevitabile gogna mediatica, si vuole mandare un messaggio violento, figlio di una subcultura populista per la quale si arriva addirittura a sostenere che vi sono imputati che non meritano la difesa.
Presunzione di non colpevolezza e inviolabilità del diritto di difesa sono invece le precondizioni perché l’accertamento penale si svolga secondo le regole del giusto processo.
Il ritenere che un imputato non meriti di essere difeso solo in ragione della gravità del reato che gli viene contestato, significa infatti dimenticare i valori costituzionali e democratici del nostro ordinamento ed accedere a pericolosi meccanismi di vendetta.
Non dobbiamo dimenticare che un paese incapace di comprendere il ruolo dell’avvocatura è un paese che mette in dubbio uno dei principi fondanti della democrazia liberale.
Si tratta di una pericolosa deriva che deve essere stigmatizzata e deprecata.
Una deriva che affonda le sue radici in un dilagante populismo giudiziario che dobbiamo con forza continuare a respingere attraverso la ferma affermazione di una cultura del processo come valore condiviso ed una capillare divulgazione dei principi e delle garanzie del processo e del ruolo, fondamentale, del difensore.
L’idea che nessun processo, per nessun titolo di reato, consenta manifestazioni di insofferenza nei confronti delle garanzie penali e processuali proprie dello stato di diritto e dei principi costituzionali è il pilastro del ragionamento che dobbiamo continuare a proporre e sostenere in ogni occasione con la forza del nostro pensiero rifiutando sempre e comunque ogni deplorevole attacco al diritto di difesa.
La Giunta
L’Osservatorio Avvocati Minacciati
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