Il caso nasce in Veneto, dove un professionista era stato destinatario della sanzione dell’avvertimento da parte del Consiglio distrettuale di disciplina per non aver fornito al proprio assistito informazioni chiare sulle tempistiche e sulle spese connesse al procedimento. L’avvocato aveva contestato la decisione, sostenendo che una semplice lacuna informativa non potesse tradursi in responsabilità disciplinare.
Il CNF ha però respinto il ricorso, richiamando l’art. 27, comma 2, del Codice deontologico forense, che impone al legale di illustrare sin dall’inizio l’andamento prevedibile del processo e gli oneri economici correlati. L’obbligo di informazione, si legge nella motivazione, non è un adempimento marginale, ma una declinazione del principio generale di correttezza che deve permeare l’intera attività professionale.
In concreto, l’illecito disciplinare si perfeziona nel momento in cui l’avvocato, pur essendo a conoscenza della durata probabile del processo e dei costi da sostenere, omette di comunicarli al cliente. Da quel momento decorre anche la prescrizione della violazione.
La decisione riafferma così un principio destinato ad avere forte impatto sulla prassi forense: il cliente deve essere messo in condizione di valutare con piena consapevolezza le conseguenze – in termini di tempo e denaro – del percorso giudiziario che si accinge ad affrontare.
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