I cybercriminali non puntano più soltanto a smartphone e pc: ora anche i dispositivi medici sono diventati un obiettivo interessante per estorcere denaro alle aziende produttrici, minacciando la salute delle persone che li indossano. Specialmente se sono personaggi politici famosi.
Secondo uno studio recente, negli ultimi cinque anni circa 200 defibrillatori e pacemaker sono stati bersaglio dei cybercriminali. A pagare le conseguenze di tali azioni sono state le personalità diplomatiche che visitavano paesi stranieri, che hanno lamentato fastidi a causa del bombardamento elettromagnetico creato dai cybercriminali.
Il quadro è stato presentato dall’Università di Tor Vergata, da tempo attiva nel campo della ricerca della sicurezza informatica dei dispositivi medici wireless, come defibrillatori, pacemaker, smartwatch, neuro-stimolatori e pompe di insulina.
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Si tratta di bersagli semplici per i cybercriminali, e lo diventeranno sempre di più in futuro, mettendo a rischio la salute dei pazienti. Come riferisce Gaetano Marrocco, professore ordinario alla Tor Vergata, il tema della cybersicurezza dei dispositivi medici dovrà essere una priorità «per produttori, ospedali e pazienti».
L’attenzione, comunque, deve rivolgersi anche a dispositivi considerati meni complessi, quali protesi alle anche, ai denti e alle ginocchia, che «oggi hanno una funzione solo meccanica ma presto saranno sensorizzate con una piccola unità di elaborazione».
Marrocco sottolinea l’urgenza nella creazione di uno strumento che garantisca sicurezza nei pazienti che lo indossano, e per questo motivo è nato C4h – Cyber4Health, ovvero una piattaforma che fornisce in real time le informazioni degli attacchi informatici contro i dispositivi medici, assegnando anche ai sistemi compromessi un punteggio di vulnerabilità.
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