Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha stabilito, dopo una consultazione pubblica, che non sarà più necessario garantire le “postazioni telefoniche pubbliche” sul territorio nazionale.
In poche parole, è stato deciso che le cabine telefoniche non servono più, grazie alla delibera del 23 maggio pubblicata da TIM, gestore dei telefoni pubblici in Italia, che potrà cominciare a rimuovere le quasi 18mila cabine telefoniche pubbliche ancora attive.
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In generale, le cabine telefoniche sono viste come un servizio superato, e il loro abbandono, seppur lento, è cominciato ancora prima della diffusione dei cellulari, intensificandosi grazie alla massiccia copertura delle reti Internet.
Nonostante tutto, hanno continuato ad essere utilizzate dagli anni ’50 sino ad oggi. Qualcuno ha anche protestato contro la possibilità che queste venissero rimosse.
Secondo gli esperti in materia, il primo telefono pubblico a pagamento nacque in Connecticut nel 1889, grazie a William Gray. La moglie di Gray, un giorno, aveva necessità di vedere un medico, ma non sapeva come contattarlo. Le persone che avevano un telefono si rifiutarono di aiutarli, così decise di inventare un meccanismo che consentiva di raccogliere monete, attivando la possibilità di contattare e parlare con qualcuno dall’altra parte del filo.
Gray, negli anni seguenti, continuò a perfezionare questa invenzione, e pian piano i telefoni pubblici vennero installati in varie città degli Stati Uniti. Le cabine telefoniche inglesi rosse apparvero nel 1924, mentre nel nostro Paese arrivarono nel 1952.
Inizialmente erano soltanto due, e vennero installate a Milano, in piazza San Babila, dalla Società telefonica STIPEL, attiva dagli anni ’20 e successivamente incorporata nella SIP, che si trasformò in Telecom Italia e alla fine in TIM.
Le cabine telefoniche non sono un servizio universale
Le cabine STIPEL erano fatte di vetro e metallo, e funzionavano grazie a gettoni che si acquistavano nelle edicole.
Nel 2001, con l’arrivo dell’euro, non si accettarono più i gettoni, che vennero ufficialmente sostituiti dalle schede telefoniche, introdotte negli anni’70 e che vengono stampate ancora oggi. Nel corso dei primi anni Duemila cominciarono a diffondersi i cellulari e gli smartphone, e per questo le cabine telefoniche vennero utilizzate molto meno.
Nel 2009, infatti, Telecom cominciò a smantellare una gran parte di queste, soprattutto quelle dalle quali partivano meno di 3 telefonate al giorno. Chi le utilizza oggi lo fa nelle situazioni d’emergenza oppure per segnalare guasti.
Sembrava che le cabine telefoniche dovessero scomparire qualche anno fa, quando venne approvato il Codice europeo per le comunicazioni elettroniche, che stabilì che i telefoni pubblici non erano un “servizio universale”, e che quindi ogni Stato doveva impegnarsi ad offrire il servizio ai cittadini.
In Italia le cabine telefoniche vengono ancora utilizzate
In Italia sono ancora attivi 16.073 telefoni pubblici, ai quali si aggiungono 1.801 postazioni negli ospedali, nelle carceri e nelle caserme, oltre alle 470 che si trovano nei rifugi di montagna. Dal 2010 al 2017, il numero delle chiamate effettuate all’anno dalle postazioni ha visto una riduzione del 57%, ovvero meno di una chiamata ogni tre giorni.
Secondo la nuova delibera, la presenza di telefoni pubblici dovrà essere garantita soltanto nei luoghi di “rilevanza sociale”, in particolar modo nelle strutture sanitarie con almeno 10 posti letto, negli ospedali, nelle carceri e nelle caserme con almeno 50 persone.
Comunque, TIM potrà decidere se dismettere le postazioni pubbliche presenti nei rifugi, anche se per farlo dovrà accertarsi prima se nella zona è presente una copertura adeguata della rete mobile.
Icone importanti
TIM, prima di questo provvedimento, per poter rimuovere un telefono pubblico doveva esporre un avviso riguardo la rimozione dell’apparecchio, consentendo la possibilità di contestare la rimozione entro trenta giorni.
Nel 2015, l’azienda rimosse 10mila cabine e vennero presentate 505 istanze di opposizione, poiché la loro eliminazione avrebbe causato problemi, ma anche perché per alcuni erano «un’icona nella realtà di riferimento».
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