Un nuovo meccanismo di riscossione sta già producendo effetti concreti in alcune regioni italiane. Si tratta di un protocollo operativo che vede lavorare insieme Agenzia delle Entrate e Agenzia della Riscossione, con un obiettivo preciso: intercettare i crediti vantati dai professionisti, ordinando direttamente ai loro clienti di pagare le parcelle all’Erario.
Il sistema si basa sul cosiddetto pignoramento presso terzi, già noto nel settore privato, ma che ora viene applicato con più incisività anche nei rapporti tra professionisti e Pubblica amministrazione. In pratica, se un avvocato, un ingegnere o un commercialista vanta un compenso nei confronti di un ente pubblico, quest’ultimo può essere obbligato a versare l’importo non al professionista ma direttamente all’Agenzia della Riscossione, a copertura dei debiti fiscali accumulati.
A differenza di quanto accade con gli stipendi dei lavoratori dipendenti – che godono di limiti precisi al pignoramento (generalmente un quinto della retribuzione) – per le parcelle professionali non sono previste soglie di salvaguardia: l’importo può essere trattenuto integralmente. Una misura che, secondo gli esperti, rischia di avere effetti dirompenti sul mercato dei servizi professionali.
Il protocollo si fonda sull’incrocio dei dati contenuti nella fatturazione elettronica con le posizioni debitorie registrate a ruolo. In questo modo l’Agenzia riesce a individuare rapidamente chi deve ancora incassare somme dalla propria attività e, se risultano debiti fiscali, ad attivare immediatamente la procedura di pignoramento.
Criticità non mancano. Da un lato, il rischio di scoraggiare enti e aziende a rivolgersi a professionisti che hanno posizioni debitorie aperte, per non essere coinvolti in procedimenti di pignoramento; dall’altro, l’assenza di tutele minime analoghe a quelle previste per i lavoratori dipendenti può mettere in difficoltà soprattutto i professionisti più giovani o economicamente fragili.
Sul piano giuridico, si aprono interrogativi anche rispetto al rispetto del GDPR e al principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione: l’incrocio massivo dei dati della fatturazione elettronica e la disparità di trattamento tra dipendenti e liberi professionisti pongono infatti questioni delicate in termini di privacy e diritti fondamentali.
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