Dopo anni di incertezze, cambia il meccanismo per ottenere l’indennizzo nei casi di “processo lumaca”. Con l’approvazione del decreto legge Giustizia da parte del Consiglio dei Ministri, arriva una stretta sui termini, ma anche una maggiore flessibilità per i cittadini che subiscono procedimenti giudiziari di durata irragionevole.
Una delle novità principali è la possibilità, in determinati casi, di chiedere la riparazione anche mentre il processo è ancora in corso, senza dover attendere la conclusione definitiva. Una modifica importante, che ripristina in parte quanto previsto dal testo originario della legge Pinto, prima della riforma del 2012.
Quando e come si può chiedere l’indennizzo?
Secondo la nuova disciplina, la domanda di riparazione può essere proposta anche “in itinere”, ovvero durante lo svolgimento del processo, se si è già superato il termine ragionevole di durata, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Tuttavia, se si sceglie di aspettare la fine del procedimento, resta il termine tradizionale: sei mesi dalla definitività della sentenza, pena la decadenza del diritto.
Una doppia opzione, dunque, ma con limiti temporali precisi, pensati per evitare contenziosi infiniti e responsabilizzare le parti.
Ma non è tutto semplice
La riforma, pur ampliando le possibilità di azione, lascia ancora margini di incertezza. In molti casi, la valutazione sull’irragionevolezza dei tempi dipende dall’esito stesso del processo. Ad esempio:
- se una causa si conclude con una condanna per lite temeraria, la riparazione può essere esclusa;
- se il ricorrente perde la causa in maniera evidente, il quantum dell’indennizzo può essere ridotto o annullato.
Spetterà ai giudici, caso per caso, valutare il diritto all’indennizzo e la sua misura effettiva.
Termini e obblighi per incassare: attenti alla tagliola
Una delle innovazioni più rilevanti riguarda la fase successiva al riconoscimento del diritto alla riparazione.
Chi ha ottenuto un decreto favorevole dovrà presentare, a pena di decadenza, una dichiarazione con l’ammontare da ricevere e le modalità di pagamento prescelte, entro un anno dalla pubblicazione del provvedimento.
Chi non adempie a questo obbligo entro i 12 mesi, perde il diritto all’indennizzo, anche se riconosciuto. È il principio della cosiddetta “tagliola”, che punta a evitare lungaggini anche nella fase esecutiva.
Le disposizioni transitorie: attenzione alle scadenze
Per chi ha ottenuto somme da liquidare fino al 31 dicembre 2021, la nuova norma fissa un termine chiaro: entro il 31 dicembre 2026 dovranno presentare la dichiarazione per l’incasso, altrimenti decadranno dal diritto.
Nel frattempo, e fino al 21 gennaio 2027, non potranno essere avviate azioni esecutive o ricorsi per ottemperanza, e quelle eventualmente in corso saranno sospese.
Anche i creditori di somme riconosciute tra il 1° gennaio 2022 e l’entrata in vigore del nuovo decreto dovranno presentare l’apposita dichiarazione entro un anno dalla data di entrata in vigore, sempre a pena di decadenza.
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