Lo strappo tra il ministero della Giustizia e l’Associazione nazionale magistrati si allarga. Dopo il malumore manifestato dalla premier Meloni in relazione alla gestione del caso Almasri e alla selettività dell’azione giudiziaria nei confronti di alcuni membri del governo, è ora il guardasigilli Carlo Nordio a intervenire direttamente nel confronto, questa volta con toni particolarmente critici nei confronti del presidente dell’ANM, Parodi.
Nel mirino del ministro non è soltanto il merito delle dichiarazioni rilasciate da Parodi, ma anche – e soprattutto – il riferimento alla capo di gabinetto del ministero, Giusi Bartolozzi, il cui nome, secondo Nordio, non figura negli atti formali dell’indagine e non dovrebbe, pertanto, essere oggetto di valutazioni pubbliche da parte di un rappresentante dell’associazionismo giudiziario.
Il nodo della riservatezza e delle prerogative istituzionali
Il riferimento alla capo di gabinetto – già emerso nei retroscena pubblicati da La Stampa, in merito a una presunta gestione non filtrata del caso Almasri – viene considerato dal ministro una violazione dei confini istituzionali, ma anche un potenziale elemento di preoccupazione. Secondo quanto affermato, se il presidente ANM è effettivamente a conoscenza di elementi che non risultano ufficialmente acquisiti, potrebbe configurarsi un accesso improprio a informazioni riservate.
La replica di Nordio segna un evidente irrigidimento dei rapporti tra governo e magistratura associata, e si inserisce in un clima già teso per via della riforma sulla separazione delle carriere, attualmente in fase avanzata di approvazione parlamentare, e della gestione del contenzioso nato dall’arresto del criminale libico, poi riconsegnato a Tripoli.
Un equilibrio sempre più fragile tra poteri
La reazione del ministro, sebbene tecnica nei contenuti, ha un impatto fortemente politico. Si inquadra, infatti, nel contesto di una sovrapposizione crescente tra giustizia e politica, in cui ogni presa di posizione pubblica può alimentare la sensazione di uno scontro tra poteri, con ricadute sul piano istituzionale.
Da Palazzo Chigi, intanto, si mantiene un profilo più prudente rispetto alle parole del ministro, ma non è un mistero che il caso abbia incrinato alcuni equilibri interni. Il coinvolgimento di figure chiave come Nordio, Piantedosi e Mantovano, in assenza di contestualizzazione piena del ruolo di Meloni, ha suscitato malumori e sospetti di natura politica, ora aggravati dal rischio di un allargamento dell’indagine.
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