La malattia di un professionista non sempre basta a fermare le scadenze fiscali. È quanto emerso da un caso emblematico segnalato dall’Associazione Nazionale Commercialisti (Anc), che ha riportato l’attenzione su una norma in vigore dal 2021 ma tuttora largamente disapplicata. La legge prevede, infatti, la possibilità di sospendere gli adempimenti tributari in caso di gravi patologie che impediscano l’esercizio dell’attività professionale. Eppure, a distanza di oltre tre anni dalla sua approvazione, è ancora necessario l’intervento delle istituzioni per farla rispettare.
Il caso riguarda una commercialista che, colpita da una grave malattia e ricoverata in terapia intensiva a febbraio, ha inoltrato regolare richiesta all’Agenzia delle Entrate per sospendere gli obblighi fiscali previsti per il 16 febbraio. La risposta, tuttavia, è stata negativa: le è stato consigliato di ricorrere al “ravvedimento operoso”, ovvero di sanare la propria posizione versando le somme dovute con una piccola sanzione. Un’opzione inaccettabile, considerate le circostanze straordinarie.
A raccontare l’episodio è Marco Cuchel, presidente dell’Anc: «La collega aveva presentato tutta la documentazione prevista dalla normativa vigente. Ma l’Agenzia non ha riconosciuto il suo diritto alla sospensione. È stato un episodio che ha suscitato molta indignazione, anche sui social». Cuchel ha deciso allora di intervenire personalmente, portando il caso all’attenzione del sottosegretario all’Economia, Maurizio Leo, e del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Vincenzo Carbone.
Il riscontro non si è fatto attendere: in meno di un mese, l’Agenzia ha comunicato ufficialmente di aver accolto la posizione della professionista. Qualora dovessero arrivare in futuro delle contestazioni, sarà possibile presentare istanza di annullamento, che — assicura l’Agenzia — verrà accolta senza riserve.
«Ringraziamo il sottosegretario Leo e il direttore Carbone per la sensibilità dimostrata», commenta Cuchel. «Ma resta il problema di fondo: il diritto alla sospensione è tutelato solo quando intervengono i sindacati o le autorità politiche. Questo non può bastare».
L’episodio solleva interrogativi non solo sull’effettiva applicazione della norma, ma anche sulla sua conoscibilità e sulla preparazione dell’apparato amministrativo. Tre, secondo Cuchel, i principali limiti da affrontare: «Innanzitutto, la norma è poco conosciuta tra i professionisti, anche perché è mancata una campagna informativa adeguata. Poi c’è la Pubblica amministrazione, che in molti casi ignora il dettato legislativo. Infine, il perimetro della tutela è troppo ristretto: riguarda solo gli adempimenti tributari, escludendo scadenze di altro tipo altrettanto rilevanti».
Il caso, risolto solo grazie a un intervento diretto ai vertici, dimostra come anche diritti formalmente acquisiti restino, nella pratica, spesso soggetti all’arbitrio o alla disattenzione dell’apparato burocratico. Per i professionisti, il messaggio è chiaro: la tutela c’è, ma va rivendicata con forza.
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