Redazione 27 Giugno 2025

PA digitale: quali lavori spariranno, quali nasceranno grazie all’Intelligenza Artificiale

L’Intelligenza Artificiale sta trasformando progressivamente il volto della Pubblica Amministrazione italiana, ridefinendo processi, mansioni e relazioni tra istituzioni e cittadini. Una recente indagine condotta da FPA Data Insight su dati Bigda fotografa un settore pubblico sempre più digitalizzato, dove circa 1,85 milioni di dipendenti pubblici, pari al 57% del totale, sono direttamente interessati dall’introduzione di sistemi basati su IA.

Di questi, l’80% si trova a lavorare in sinergia con le nuove tecnologie, mentre un 12% è considerato a rischio di sostituzione. Si tratta soprattutto di figure impiegate in attività ripetitive e a basso valore aggiunto, che l’automazione potrebbe facilmente assorbire nei prossimi anni.

«Le mansioni più ripetitive della PA non sopravviveranno all’avvento dell’IA», avverte Marco Carlomagno, segretario generale della FLP (Federazione Lavoratori Pubblici). Tuttavia, sottolinea, questo non significa che quei lavoratori perderanno necessariamente il posto. La vera sfida sarà garantire percorsi tempestivi di upskilling e reskilling, per evitare l’obsolescenza delle competenze e assicurare così una transizione occupazionale ordinata.

Secondo Carlomagno, il rischio non sta tanto nella tecnologia, quanto nell’immobilismo: «È indispensabile avviare una formazione mirata. Per ogni mansione che si trasforma o scompare, se ne creano di nuove: penso ai profili legati alla gestione dei social media istituzionali, ai digital media manager e ai responsabili dei flussi informativi. Figure che devono nascere e crescere all’interno della PA stessa, senza ricorrere esclusivamente a competenze esterne».

Il giudizio dei cittadini: tra fiducia e preoccupazione

Se da un lato il cambiamento interessa chi lavora negli uffici pubblici, dall’altro coinvolge direttamente anche i cittadini, che con la digitalizzazione dei servizi si confrontano quotidianamente. L’analisi condotta su 20.000 menzioni online — tra social, blog, forum e testate digitali — restituisce un sentiment articolato.

Circa il 50% dei commenti esprime un’opinione positiva sull’uso dell’IA nella PA, vista come una leva di semplificazione, modernizzazione e miglioramento dell’efficienza dei servizi. Un 35% manifesta invece un atteggiamento neutro, tra curiosità e prudenza, in attesa di valutarne gli effetti concreti. Resta poi un 20% di sentiment negativo, legato a timori specifici.

La questione più sentita riguarda privacy e sicurezza dei dati personali: metà degli utenti che hanno espresso un parere su questo tema teme un aumento della sorveglianza, usi impropri delle informazioni e violazioni della riservatezza. Le preoccupazioni si estendono anche all’impatto occupazionale, dove le opinioni si dividono: se da una parte si riconosce all’IA la possibilità di valorizzare il lavoro umano, dall’altra si teme la perdita di posti.

IA e servizi digitali: un bilancio in chiaroscuro

Nelle aree più direttamente connesse all’esperienza quotidiana — come l’automazione dei processi amministrativi e l’introduzione di chatbot o assistenti virtuali — il sentiment tende al positivo: il 60% degli utenti apprezza la semplificazione operativa, mentre il 50% giudica favorevolmente il miglioramento dell’esperienza utente e dell’accessibilità ai servizi.

Carlomagno conclude sottolineando il ruolo del sindacato in questa transizione: «Abbiamo dimostrato che l’IA può essere alleata della persona, per migliorare la vita dei lavoratori pubblici e il rapporto tra cittadini e istituzioni. La Pubblica Amministrazione non deve più essere percepita come una casta, ma come un sistema proattivo, vicino ai bisogni reali delle persone».


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