Nuovo capitolo nel complesso rapporto tra Italia e Unione Europea sul fronte della giustizia penale. La Commissione europea ha ufficialmente avviato una procedura di infrazione contro il nostro Paese per il mancato recepimento integrale della direttiva 2016/343/UE, che sancisce il principio della presunzione d’innocenza e il diritto degli indagati e imputati a partecipare effettivamente al proprio processo.
L’Italia, insieme alla Lituania, ha ricevuto una lettera di costituzione in mora, primo atto formale della procedura di infrazione. Da oggi ha due mesi di tempo per fornire chiarimenti e illustrare le misure eventualmente adottate per sanare le criticità evidenziate. In caso di mancata o insoddisfacente risposta, Bruxelles potrà proseguire con un parere motivato, preludio al possibile ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE.
Al centro del richiamo europeo vi sono alcuni aspetti essenziali delle garanzie processuali che, secondo la Commissione, risultano ancora carenti nel nostro ordinamento. In particolare:
- le limitazioni all’uso di misure coercitive in pubblico, come manette o altre restrizioni personali;
- il diritto al silenzio e a non autoaccusarsi, tanto durante le indagini preliminari quanto nella fase di raccolta di dichiarazioni spontanee;
- l’equilibrio tra informazione e rispetto della presunzione d’innocenza, tema da anni al centro di aspre tensioni tra poteri dello Stato e organi di stampa.
Se è vero che con il decreto legislativo n. 188 del 2021 il legislatore italiano ha introdotto importanti novità — vietando ad autorità pubbliche e uffici giudiziari di presentare prematuramente come colpevole chi è solo indagato o imputato, e disciplinando le modalità di comunicazione delle Procure — resta per Bruxelles il nodo di un recepimento frammentario e sbilanciato.
Ad aggravare il quadro, la recente introduzione della cosiddetta “norma bavaglio”, che vieta la pubblicazione, anche parziale, degli atti giudiziari che dispongono misure cautelari prima dell’udienza di dibattimento. Una misura che ha scatenato polemiche tra magistratura, politica e informazione, e che Bruxelles considera un’esasperazione difensiva più che un reale allineamento ai principi della direttiva.
La Commissione sottolinea infine che le modifiche finora approvate risultano concentrate quasi esclusivamente sulle modalità di comunicazione esterna dei procedimenti, mentre restano scoperti aspetti sostanziali come le garanzie sul trattamento degli imputati, la regolamentazione dell’uso di misure restrittive e il pieno rispetto del diritto a non collaborare contro se stessi.
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