È legittimo che un insegnante della scuola pubblica, abilitato alla professione forense, difenda in giudizio clienti in cause contro il Ministero dell’Istruzione? A sciogliere il nodo è intervenuta la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, destinata a diventare un punto di riferimento per il personale scolastico che esercita una libera professione.
La vicenda trae origine dal caso di un docente, anche avvocato, sanzionato con dieci giorni di sospensione per aver patrocinato controversie contro l’Amministrazione scolastica. Sebbene il dirigente scolastico fosse al corrente della sua attività legale e non avesse revocato l’autorizzazione concessa, aveva ritenuto la condotta incompatibile con il ruolo pubblico ricoperto. La Corte d’Appello di Bologna aveva già annullato il provvedimento disciplinare e ora la Cassazione conferma quella decisione, precisando i confini normativi della questione.
A disciplinare il rapporto tra pubblico impiego e libera professione è l’articolo 508 del D.lgs. n. 297/1994, che consente ai docenti di esercitare attività compatibili con l’orario scolastico, previo assenso del dirigente. Il testo normativo, tuttavia, non prevede limiti specifici sulle controparti processuali che l’avvocato-dipendente può affrontare.
Secondo la Suprema Corte, un’autorizzazione rilasciata senza restrizioni esplicite consente anche di patrocinare cause contro l’Amministrazione. Né la semplice richiesta di chiarimenti, né eventuali riserve non formalizzate, possono modificare il contenuto dell’autorizzazione già concessa. Tuttavia, viene ribadito un principio cardine del pubblico impiego: resta sempre vietata ogni attività che generi un conflitto di interessi.
La normativa di settore, infatti, è netta: l’articolo 53 del D.lgs. 165/2001 e l’articolo 60 del D.P.R. 3/1957 impongono ai dipendenti pubblici di astenersi da incarichi o attività che possano compromettere l’imparzialità o il buon andamento dell’amministrazione. Anche l’articolo 98 della Costituzione richiama il principio di lealtà verso l’ente pubblico di appartenenza.
La sentenza non solo riafferma il diritto dei docenti a svolgere la professione legale, ma offre indicazioni concrete alle amministrazioni scolastiche. Sarà loro compito predisporre autorizzazioni puntuali, indicando con chiarezza eventuali limiti e monitorando le attività esterne dei propri dipendenti. In caso di incompatibilità o situazioni a rischio, dovranno intervenire formalmente, modificando o revocando le autorizzazioni, piuttosto che ricorrere a sanzioni basate su presupposti impliciti.
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