Nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati, l’azione si prescrive sempre entro sette anni e mezzo. A ribadirlo è la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 2313/2025, accogliendo il ricorso di un legale che era stato sospeso per due mesi dall’esercizio della professione forense.
Il caso: sospensione e ricorso in Cassazione
Il professionista era stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Torino per presunte violazioni del Codice deontologico forense, tra cui negligenza nell’adempimento del mandato e mancata informazione ai clienti. Il procedimento si era concluso con la sospensione, ma l’avvocato ha impugnato la decisione sostenendo che l’azione disciplinare fosse ormai prescritta.
L’articolo 56 della legge 247/2012 stabilisce infatti che la prescrizione per l’azione disciplinare è di sei anni, con possibilità di proroga fino a un massimo di un quarto in caso di interruzione, portando il termine complessivo a sette anni e mezzo. Nel caso in esame, essendo trascorso un periodo superiore, l’azione disciplinare doveva ritenersi estinta.
La decisione delle Sezioni Unite
Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha confermato che la prescrizione nei procedimenti disciplinari forensi segue criteri di natura penalistica. A differenza della disciplina precedente, di stampo civilistico, in cui ogni interruzione faceva ripartire il termine, la nuova normativa prevede che il periodo massimo non possa mai superare i sette anni e sei mesi.
Nel caso specifico, essendo trascorso questo termine per tutti i capi d’accusa, l’azione disciplinare è stata dichiarata prescritta, con conseguente annullamento della sanzione.
Le spese processuali compensate
Un ultimo aspetto evidenziato dalla Corte riguarda la sopravvenuta maturazione della prescrizione durante il giudizio di Cassazione, che ha giustificato la compensazione delle spese di lite tra le parti.
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