ROMA – Anche colf e badanti avranno diritto a un sistema che misuri la reale durata dell’orario di lavoro giornaliero. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una sentenza storica (C-631/23 “Loredas”) che segna una svolta per il settore del lavoro domestico.
L’obbligo, che finora non era previsto in molti ordinamenti nazionali, compresa la Spagna, mira a garantire maggiore trasparenza e tracciabilità, riducendo il rischio di abusi e irregolarità. In particolare, la Corte ha dichiarato contrarie al diritto europeo le norme nazionali che esonerano i datori di lavoro dall’istituzione di un sistema di registrazione dell’orario di lavoro effettivo per i collaboratori domestici.
Il caso da cui tutto ha avuto origine
La pronuncia nasce dal ricorso di una collaboratrice domestica spagnola, assunta a tempo parziale, che dopo essere stata licenziata ha richiesto il risarcimento per giorni di ferie non goduti e per ore di lavoro straordinario non pagate. Tuttavia, il giudice spagnolo di primo grado aveva respinto la domanda, ritenendo che la lavoratrice non avesse dimostrato con precisione le ore di lavoro effettivamente svolte, anche perché i datori di lavoro non erano obbligati a mantenere un registro delle ore lavorate.
La controversia è giunta alla Corte di Giustizia UE, che ha ribaltato la prospettiva: non è il lavoratore a dover dimostrare le ore di lavoro, ma il datore a dover registrare e conservare i dati. In caso contrario, i lavoratori domestici resterebbero privi della possibilità di verificare le ore effettivamente prestate e di controllare il rispetto delle normative sul limite massimo di ore settimanali.
Le conseguenze della sentenza: nuovi obblighi per i datori di lavoro
La decisione della Corte di Giustizia UE avrà conseguenze rilevanti anche in Italia, dove i datori di lavoro domestici — fino a oggi — non erano obbligati a dotarsi di sistemi di rilevazione dell’orario. Ora, per rispettare le regole europee, sarà necessario introdurre strumenti di tracciamento del lavoro domestico, come già avviene in altri settori.
I giudici europei hanno sottolineato che i lavoratori domestici, essendo una categoria a forte prevalenza femminile, rischiano di subire discriminazioni indirette fondate sul sesso. Per questo motivo, la registrazione dell’orario lavorativo è considerata una misura di garanzia. Eventuali deroghe saranno ammesse solo in circostanze specifiche e oggettivamente giustificate.
Cosa cambia per i datori di lavoro italiani?
L’obbligo di registrazione non si limiterà alla misurazione delle ore ordinarie. La Corte UE ha chiarito che i datori dovranno garantire il rispetto della durata massima settimanale del lavoro e delle pause obbligatorie. Tuttavia, potranno essere previste eccezioni per quanto riguarda le ore straordinarie o il lavoro a tempo parziale, a condizione che sia garantita la tutela del lavoratore.
Questa pronuncia è destinata a produrre effetti anche in Italia, dove il lavoro domestico coinvolge migliaia di famiglie che si avvalgono di colf e badanti per l’assistenza a persone anziane e non autosufficienti. Le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali saranno chiamate a confrontarsi per individuare le modalità operative più adeguate e meno onerose per le famiglie.
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