Roma, 30 luglio 2024 – Con la sentenza n. 30592, la Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, ha stabilito un importante principio in tema di violenza domestica e stato di necessità. La decisione, relativa al caso di una donna condannata per falsa testimonianza, amplia l’interpretazione dello stato di necessità previsto dall’art. 54 del codice penale.
Il Caso
La vicenda riguarda una donna che, testimoniando contro il suo ex convivente, aveva negato i maltrattamenti da lei denunciati in precedenza. La Corte d’Appello aveva confermato la sua condanna per falsa testimonianza, ritenendo inapplicabile la scriminante dello stato di necessità poiché non vi era una situazione di “pericolo concreto ed attuale” al momento della deposizione.
La Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della donna, evidenziando che lo stato di necessità può essere invocato non solo in presenza di un pericolo imminente, ma anche quando il pericolo è perdurante. Ciò significa che il danno grave alla persona può materializzarsi anche in un futuro non immediato, ma comunque probabile.
La sentenza specifica che le condizioni di attualità o inevitabilità del pericolo, che giustificano l’esimente, possono essere oggetto di un errore “putativo”. Questo implica che la persona possa percepire una minaccia in modo soggettivo, credendo ragionevolmente nella necessità di proteggersi, anche se il pericolo non è immediatamente presente.
Questa sentenza rappresenta un significativo ampliamento della tutela offerta alle vittime di violenza domestica. La Corte di Cassazione ha così riconosciuto che la paura di subire ulteriori danni, anche se non imminente, può giustificare comportamenti altrimenti punibili.
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