Durante un’udienza presso il Tribunale di Verona, l’avvocato Ugo Ledonne si è trovato al centro di una controversia che ha fatto discutere. In difesa del suo assistito, Ledonne si è opposto a una domanda del Giudice ritenendola nociva per la genuinità della testimonianza. La reazione del pubblico ministero è stata drastica, accusando Ledonne di oltraggio a magistrato e chiedendo la trasmissione degli atti alla Procura.
I fatti
L’avvocato Ledonne, agendo come difensore, ha esercitato il diritto di opporsi a una domanda del Giudice, definendola nociva e potenzialmente fuorviante per il teste. Questo diritto è sancito dall’articolo 499 del codice di procedura penale, come confermato dalla Cassazione (Sez. IV, sentenza n° 15331 del 2020). Nonostante la legittimità dell’opposizione, il pubblico ministero ha reagito duramente, non intervenendo nel merito ma richiedendo immediatamente la trasmissione degli atti alla Procura per un presunto reato di oltraggio a magistrato.
La reazione della Camera Penale di Cosenza
La Camera Penale di Cosenza ha espresso piena solidarietà all’avvocato Ledonne, denunciando l’episodio come un grave attacco ai principi fondamentali dello Stato di diritto, in particolare all’autonomia e all’indipendenza dell’avvocatura. La Camera ha richiesto al Ministro della Giustizia di valutare la condotta del pubblico ministero, considerandola potenzialmente disciplinabile ai sensi degli articoli 2 e 14 del d.lgs. 109/2006.
Appello al Ministro della Giustizia
Secondo l’articolo 2, lettera d) del d.lgs. 109 del 23 febbraio 2006, tra gli illeciti disciplinari dei magistrati rientrano i comportamenti gravemente scorretti nei confronti dei difensori. La Camera Penale di Cosenza ha chiesto al Ministro di verificare se la condotta del pubblico ministero, che ha richiesto la trasmissione degli atti per oltraggio a magistrato, rientri in tale fattispecie e, in caso affermativo, di promuovere un’azione disciplinare.
Un precedente pericoloso
L’episodio, oltre a rappresentare una violazione del diritto di difesa, è stato definito dalla Camera Penale di Cosenza come un tentativo di intimidire l’azione difensiva dell’avvocato, prospettando l’iscrizione di Ledonne nel registro degli indagati per un reato punibile con fino a cinque anni di reclusione. Questa vicenda solleva preoccupazioni per la libertà di esercizio della professione legale e la tutela dei diritti degli imputati.
Solidarietà e supporto
Il documento della Camera Penale di Cosenza è stato trasmesso all’Unione delle Camere Penali Italiane e comunicato alla Camera Penale Veronese e al Coordinamento delle Camere Penali Calabresi, richiedendo una presa di posizione forte e unitaria per difendere l’integrità e l’autonomia della professione forense.
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