Arriva dal Ministero un ulteriore chiarimento sulla riforma della Giustizia Cartabia. L’impugnazione sprovvista di firma digitale non è ammissibile, se poi l’avvocato ha provveduto a certificare la validità dell’atto attraverso un software riconosciuto e approvato dall’Agid.
È comunque irrilevante la validità della sottoscrizione da parte del legale sul mandato. Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso di un uomo con la sentenza 34099 del 2 agosto 2023. Il legale dell’uomo aveva trasmesso in cancelleria un appello senza firma digitale, presente soltanto sul mandato rilasciato per la difesa.
Per gli Ermellini non è rilevante che il software Agid abbia certificato, in un secondo momento, la genuinità dell’atto. L’appello, inoltre, è ammissibile soltanto se presenti irregolarità a livello di firma digitale, e non per una sua mancanza assoluta.
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La verifica effettuata dal ricorrente, seppur in proprio, si basava su atti non corrispondenti necessariamente a quelli che risultano trasmessi tramite mail, ricevuti ed accettati dalla Cancelleria, e non è comunque sufficiente per riuscire a confutare l’attestazione della Cancelleria, che non rileva l’invalidità, l’irregolarità e l’assenza della firma digitale.
I Supremi giudici scrivono:
«Fermo quanto previsto dall’art. 591 del codice di procedura penale, nel caso di proposizione dell’atto ai sensi del comma 6-bis l’impugnazione è altresì inammissibile: a) quando l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6 – bis non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all’originale; c) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4; d) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore».
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