Il Tribunale di Trapani ha riconosciuto ad una donna transgender, nata uomo, il diritto di cambiare sia il nome che l’identità di genere all’anagrafe senza aver effettuato interventi chirurgici, senza averne programmati e senza aver cominciato terapie ormonali.
La protagonista di questo racconto è Emanuela, che dopo 20 anni di battaglie ha ottenuto il sì del giudice. Una sentenza storica, che fa leva su un principio della Cassazione del 2015, secondo cui un’altra donna trans ha ottenuto il riconoscimento a donna prima di sottoporsi all’operazione, nonostante quest’ultima fosse pianificata.
Tuttavia, Emanuela ha spiegato che non aveva intenzione di sottoporsi ad alcun intervento, e il principio è rimasto valido anche per lei.
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Dichiara l’avvocato Marcello Mione: «Il principio espresso dalla Cassazione è che l’intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali non incide sulla fondatezza della richiesta di rettifica anagrafica, con la conseguenza che, nei casi in cui l’identità di genere sia frutto di un processo individuale serio e univoco, l’organo sessuale primario non determina necessariamente la percezione di sè».
Spiega Emanuela: «Non avere l’organo sessuale femminile non compromette il modo in cui mi percepisco, le mie sembianze non offuscano le mia identità femminile».
Non manca il commento su Twitter del deputato Alessandro Zan: «Il tribunale di Trapani conferma che l’identità di genere è un diritto fondamentale, e che, applicando la legge 164/1982, ciò che prevale è il benessere fisico/psichico della persona».
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