L’attuale narrativa pressapochista descrive i giovani di oggi come perennemente assorbiti nel mondo del digitale. Tuttavia, prima di commettere l’errore di fare di tutta l’erba un fascio, puntando il dito sulle ultime generazioni, approfondiamo un nuovo trend che si sta diffondendo sempre più tra la Gen Z: quello dei dumbphone.
In un report diffuso dal Wall Street Journal il 2 maggio 2023, emerge come numerosi giovani nati indicativamente tra il 1997 e il 2012 (Generazione Z o GenZ) abbiano una necessità molto particolare. Anche se vengono descritti come “nativi digitali”, i giovani della GenZ sono stanchi di vivere una vita fatta di notifiche infinite.
Non si tratta di una nostalgia dei cellulari dei primi anni 2000, ma della volontà di ridurre le distrazioni, pur rimanendo connessi ai servizi necessari per vivere nell’era del web. In questo contesto si inserisce il mercato dei dumbphones, l’esatto opposto degli smartphones (dumb = stupido, smart = intelligente).
Dumb Phone, smart choice
Un dumbphone è uno smartphone che possiede poche funzionalità, quelle necessarie, per intenderci. Corrispondono ai modelli economici che ricevono sms, effettuano chiamate, accedono limitatamente ai social e consentono di giocare a giochi come Snake. Insomma, cellulari che garantiscono l’essenziale.
Basta dare un’occhiata al sito ufficiale di Nokia per capire come il mercato stia virando verso questa tipologia di dispositivi. In generale, quello che accade è che gran parte dei giovani della GenZ (ma non solo loro) comincia ad utilizzare un dumbphone come telefono secondario.
Infatti, nei momenti in cui si ha bisogno di fare “digital detox”, lo smartphone viene lasciato a casa, spento, per affidarsi al dumbphone. Ciò avviene quando, per esempio, si esce con altri e si socializza, oppure in contesti nei quali non si vogliono le distrazioni dalle classiche applicazioni.
Nokia sta vendendo parecchi dumbphone negli USA. Per esempio, Lars Silberbauer di HMD Global dichiara che non siamo di fronte ad un trend ridotto, poiché più passa il tempo, più le vendite aumentano. Sempre più persone, dunque, mirano ad un dispositivo secondario, che permette di allontanarsi, almeno per un po’ di tempo, dall’infinito scrolling e dalle notifiche.
Il minimalismo digitale è il futuro?
I dumbphone hanno cominciato a diffondersi in Corea, nel 2019, dove sono stati acquistati principalmente per far superare gli esami agli studenti senza troppe distrazioni, attraverso l’incentivo di uno sconto per acquistare un vero e proprio smartphone.
Ma con il passare del tempo, i dumbphone sono diventati una specie di status symbol. Stiamo assistendo all’alba dell’era del minimalismo digitale, che piace molto anche ai big manager. Martin Cooper, inventore del telefono portatile, dichiara che «le persone che hanno uno smartphone lo guardano troppo, si sono fatte prendere. Sono sconvolto quando vedo qualcuno che attraversa la strada e guarda il cellulare. È una cosa molto comune, sono matti».
Una giornalista del Guardian, Alice O’Keeffe, ammette di amare «il dumbphone. Ho abbandonato il mio iPhone e comprato un telefono vecchio stile, un dumbphone senza internet. Bisogna ricominciare a fermare le persone in strada per chiedere informazioni. Senza internet non abbiamo accesso al conto bancario ogni volta che vogliamo, ma ci sentiamo di sicuro più centrati, meno distratti. Per poche sterline si riconquista il proprio cervello e ciò è impagabile».
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
Nel febbraio del 2023 è stata diffusa la notizia di un gruppo di ragazzi di New York che ha deciso di fondare il Luddite Club: requisito principale per farne parte è abbandonare lo smartphone per abbracciare uno stile di vita vintage e romantico.
I diciasettenni del Luddite Club si ritrovano sui gradini della Central Library di Brooklyn, per chiacchierare, suonare e leggere. Senza smartphone: «Passiamo semplicemente il tempo», raccontano. «D’estate portiamo pure le amache». Il nome del club trae ispirazione da Ned Ludd, un operaio inglese che nel 1799 fondò un movimento per contestare l’introduzione delle macchine all’interno delle industrie.
Quanto tempo passiamo sui social?
Passiamo online più di 30 anni delle nostre vite. E la maggior parte di questo tempo lo passiamo – rullo di tamburi – sui social! Secondo i dati raccolti da Atlas VPN, le persone con un’età compresa tra 16 e 64 anni, in media, passano il 38% del tempo online sui social.
Nel 2022 hanno passato 23 ore e 28 minuti ogni mese su TikTok. 4 ore in più rispetto all’anno precedente. Per Atlas VPN, è «la prima volta che TikTok supera YouTube per quanto riguarda il tempo trascorso sui social media».
YouTube, che ha creato gli Shorts per riuscire a competere con il rivale TikTok, attualmente è il secondo social più utilizzato. Nel 2022, infatti, le persone hanno trascorso, in media, 23 ore e 9 minuti ogni mese sulla piattaforma. Un tempo notevole, nonostante sia diminuito di 32 minuti rispetto al 2021.
In ogni caso, Facebook non molla, collocandosi al terzo posto con la sua media di 19 ore e 43 minuti mensili. Seguono WhatsApp con 17 ore e 20 minuti, Instagram con 12 ore, Line (app di messaggistica istantanea) con 10 minuti e 59 minuti, Twitter con 5 ore e 28 minuti, Telegram con 3 ore e 57 minuti e Messenger con 3 ore e 7 minuti.
LEGGI ANCHE:
Da chi abbiamo ereditato il concetto “Si è innocenti fino a prova contraria”?
Concorso magistratura, nota del Ministero: decreto per correggere un “mero errore materiale”