1 Marzo 2023

Avvocati: addio all’esonero dei contributi 2023

È arrivato il momento di dire addio all’esonero del contributo minimo, decisione presa dai ministeri vigilanti, che hanno deciso di negare l’approvazione della delibera di Cassa Forense. Quest’ultima aveva infatti esteso l’esonero dal pagamento contributo minimo sin dal 2018. Compatto, il mondo dell’avvocatura, nel definire assurda questa decisione.

Temporaneamente abrogato dal 2018 al 2022, Cassa Forense aveva disposto la sospensione del contributo minimo anche per il 2023. Tuttavia, dopo la decisione presa dal ministero, informa la Cassa, l’ente dovrà riscuotere tale contributo, con la rata del 20 settembre 2023, nella misura di 770 euro.

È un provvedimento «assolutamente inaspettato», dice la Cassa, sulla quale si «riserva l’impugnazione», dato che «la delibera del Comitato era funzionale all’entrata in vigore, dal 2024, della riforma strutturale della Previdenza Forense, già all’esame degli stessi Ministeri».

Il costo contenuto dell’esonero, peraltro, leggiamo nella nota firmata da Valter Militi, «stimato in circa 25 milioni di euro è assolutamente compatibile con gli equilibri finanziari di lungo periodo dall’Ente, mentre il richiamo agli “effetti negativi sui saldi di finanza pubblica”, contenuto nella nota ministeriale, appare del tutto inconferente, stante il fatto che gli stessi vigilanti avevano approvato l’analogo provvedimento per il quinquennio 2018/2022».

Un diniego che non soltanto «lede l’autonomia dell’ente», ma anche «inutilmente vessatorio nei confronti degli iscritti e fondato su motivazioni non condivisibili».

La reazione del’AIGA

Anche l’Associazione dei giovani avvocati si dichiara preoccupata, tramite un comunicato stampa in cui commenta «l’assurda decisione».

Nella nota diffusa dal presidente Perchinunno leggiamo che «AIGA richiede con forza ai Ministeri Vigilanti di rivedere la decisione sulla delibera tenuto conto non solo dell’autonomia dell’Ente che verrebbe in tal modo lesa, ma anche delle esigenze della giovane avvocatura che necessita di essere sostenuta nel particolare momento storico che stiamo attraversando».

Avvocatura sempre più sola: la denuncia dell’OCF

La reazione dell’OCF, invece, è ancora più dura. «L’avvocatura, nel pieno della grave crisi economica, è stanca e arrabbiata: non è prudente abusare della sua pazienza», dice il coordinatore Mario Scialla.

Continua Scialla: «La mancata sospensione colpisce gli avvocati con i redditi più bassi in modo incomprensibile. Ciò che indigna di più, però, non sono tanto le non condivisibili ragioni tecniche alla base del diniego, ma alcuni passaggi della decisione, che dimostrano la totale mancanza di conoscenza di quella che è la difficile situazione che da anni vive l’avvocatura».

Nella decisione ministeriale, «si stigmatizza il fatto che circa un terzo degli iscritti dichiari un fatturato inferiore a 17.750 euro e quindi si invita Cassa Forense ad effettuare un puntuale approfondimento su costoro i quali, probabilmente, esercitano altre professioni, per le quali è richiesta l’iscrizione ad un albo, o ancor peggio, sono lavoratori dipendenti».

Per Scialla, è un’affermazione che «dimostra, chiaramente, che chi vigila su Cassa Forense non ha la minima idea di cosa significhi, in questi anni, lavorare e produrre reddito, cercando di assicurare la difesa, nonostante le pesanti disfunzioni della giustizia».

Denuncia ancora il coordinatore: «L’avvocatura è lasciata sempre più sola a combattere con le conseguenze sociali ed economiche di pandemia e guerra. C’è una bella differenza tra chi, nell’ambito della Pubblica Amministrazione, vive molto più comodamente la crisi, senza temere nulla dal punto di vista economico e chi, invece, dalla improduttività e inefficienza della giustizia deve trarre il suo sostegno, difendendo i diritti dei cittadini».

«L’avvocatura va aiutata e non mortificata, e alla stessa va ridata la giusta dignità che merita. Diversamente, si rischia una sua reazione».

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