Di recente, la Regione Veneto con una delibera ha annunciato l’arrivo di un algoritmo, RAO (Raggruppamenti di Attesa Omogenea), finalizzato alla gestione delle liste d’attesa negli ambulatori.
E’ un sistema che ha l’obiettivo di differenziare i tempi d’attesa per le persone che accedono ai servizi ambulatoriali, con criteri clinici che determinano la priorità.
Tuttavia, il sistema è stato ampiamente criticato dall’Ordine dei medici e in particolare da Fimmg. Il sindacato ha infatti invitato i medici a non applicare in alcun modo l’algoritmo e la società che fornisce i software agli ambulatori a non rendere operativo il provvedimento della Regione.
In questo contesto, vista anche la sensibilità dei dati che verranno gestiti dall’algoritmo, il Garante ha annunciato di aver avviato un’istruttoria sul sistema RAO, inviando una richiesta di informazioni alla Regione Veneto per consentire all’Autorità l’acquisizione di tutti i dati necessari per verificare la conformità di questo sistema, e per deliberare l’adozione dello stesso alla normativa vigente in materia di privacy.
L’istruttoria del Garante
Il Garante per la protezione dei dati, quindi, ha annunciato di aver intrapreso un’istruttoria sul sistema RAO.
Nel dettaglio, il Garante ha annunciato di aver inviato alla Regione Veneto una richiesta di informazioni «per verificare la conformità alla normativa privacy di una delibera, in base alla quale non sarebbero più i medici di medicina generale a scegliere la classe di priorità della prestazione richiesta per il paziente, ma un sistema basato sull’intelligenza artificiale. Sarebbe in sostanza un algoritmo a stabilire i tempi di attesa per le prestazioni prescritte».
Il sistema di IA pone in essere un trattamento su larga scala dei dati c.d. particolari, come quelli sulla salute, che sono necessari per assegnare la classe di priorità, che necessita di maggiori verifiche.
Entro 20 giorni è previsto, inoltre, che «la Regione Veneto dovrà comunicare all’Autorità ogni elemento utile alla valutazione del caso, precisando in particolare se l’attribuzione della classe di priorità delle prestazioni sanitarie (urgente, breve, differita, programmata) sia realmente effettuata in forma automatizzata, attraverso algoritmi. L’indicazione della classe di priorità non sarebbe, peraltro, modificabile dal medico».
La Regione, inoltre, dovrà:
- indicare anche la norma giuridica che sta alla base del trattamento, il tipo di algoritmo utilizzato, i data base e le varie tipologie di documenti e informazioni che vengono trattati dal sistema;
- specificare le modalità utilizzare per rendere completa e corretta l’informativa, ai sensi di quanto disposti dagli articoli 12 e 14 del GDPR;
- fornire elementi necessari alla valutazione d’impatto effettuata, indicando il numero dei pazienti che è stato coinvolto nel trattamento.
Se non vengono soddisfatte le richieste del Garante, vista anche la sensibilità dei dati oggetto di trattamento e il contesto delicato, potrebbe venire bloccato completamente il trattamento, con tutte le conseguenze del caso come una sanzione pecuniaria per trattamento illecito dei dati o per la violazione degli obblighi di valutazione del rischio previsti normalmente dalla normativa privacy e dalle norme di settore.
Ricordiamo, infatti, che nel settore sanitario si richiede agli operatori di agire con criteri di tutela dei dati personali più stringenti rispetto a quelli che vengono generalmente richiesti ai responsabili e ai titolari di trattamento che operano in settori con rischio minore.
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Il metodo RAO ha l’obiettivo di differenziare i tempi d’attesa dei pazienti che «accedono alle prestazioni specialistiche ambulatoriali erogate direttamente dal SSN o per conto del SSN» secondo criteri clinici che sono stati indicati nelle tabelle allegate al Manuale.
Dopo la pandemia, infatti, le lunghe liste d’attesa si sono intasate proprio a causa delle sanificazioni che richiedono gli ospedali e dal cadenzamento degli appuntamenti con tempistiche più lunghe.
Si legge: «Il percorso di coinvolgimento progressivo dei principali attori (medici di famiglia, medici specialisti, rappresentanti dei cittadini) che prendono parte al processo di prescrizione ed erogazione delle prestazioni specialistiche, porta all’identificazione condivisa della indicazioni cliniche per ciascun gruppo di priorità clinica, alle quali sono associate a priori, cioè al momento stesso della prescrizione della prestazione, i tempi di attesa ritenuti adeguati».
Le informazioni cliniche «con i relativi tempi di attesa sono indicazioni di aiuto alla decisione per il medico che prescrive la prestazione, coerenti con l’appropriatezza clinica».
I criteri che sono stati utilizzati come riferimento sono stati periodicamente aggiornati con il coinvolgimento diretto dei medici prescrittori, i soggetti che erogano le prestazioni specialistiche e i cittadini stessi.
Il sistema ad oggi prevede 77 tabelle, che riguardano 109 prestazioni specialistiche. Nel manuale si precisa che le indicazioni cliniche che sono state indicate nelle tabelle si riferiscono alle condizioni che non riguardano direttamente l’emergenza.
In alcuni casi, tuttavia, «i Gruppi Tematici hanno ritenuto opportuno elencare indicazioni cliniche riferite a situazioni non differibili, che presuppongono un sospetto di patologia tale da richiedere una più rapida presa in carico del paziente».
Per alcuni tipi di visite e prestazioni, inoltre, non è stata indicata alcuna indicazione clinica. «In tutte le classi di priorità», inoltre, «in presenza di indicazioni cliniche, è stata mantenuta anche la voce “Altro”, che fa riferimento a condizioni cliniche non esplicitate dai Gruppi Tematici che, tuttavia, il medico prescrittore potrebbe decidere di attribuire a quella classe di priorità».
Basandoci su queste considerazioni, il tempo massimo d’attesa viene classificato fino a 90 giorni, indicando anche le sintomatologie cliniche che portano all’assegnazione del livello di priorità. Il fine è favorire situazioni d’emergenza, anche se sussistono ancora dubbi in relazione a queste classificazioni.
Sostanzialmente, i medici, mentre compilano le impegnative, dovranno attribuire una classe di priorità, riferendosi soltanto alle tabelle che sono state rese note con la delibera della regione.
I medici non sono d’accordo
Il sistema non è stato accolto benissimo tra i medici.
Domenico Crisarà, vicesegretario di Fimmg e presidente provinciale dell’Ordine dei medici di Padova ha contestato la delibera dichiarando che i medici non possono essere accostati ad un algoritmo.
Secondo Crisarà la delibera «vuole condizionare i prescrittori, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti, nell’attribuzione delle classi di priorità legandole a generiche situazioni patologiche che prescindono dall’oggettivazione del medico».
«L’attribuzione della priorità a tutti gli effetti, anche medico legali, un atto medico di cui solo il medico è responsabile e quindi non può essere sostituito da un semplice algoritmo che non tenga conto delle condizioni oggettivabili in quel momento e in quel contesto preciso di quel paziente».
I medici padovani sono intenzionati, dunque, a non applicare alcun protocollo, e hanno deciso di diffidare della software house che fornisce gestionali negli ambulatori dei medici dell’Usl 6 senza autorizzazione di medici.
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