17 Novembre 2022

Avvocato, sai prendere la vita con filosofia?

Sono in molti a pensare che la filosofia sia qualcosa di astratto e che non può essere applicata alla vita di tutti i giorni.

È quella cosa che rende una persona in grado di dire tutto e il contrario di tutto, oppure che ti fa estraniare dal mondo reale per farti occupare soltanto dei massimi sistemi. Ma la realtà non è così. Oggi più che mai la filosofia è essenziale per comprendere chi siamo, dove siamo, dove stiamo andiamo, dove vorremmo andare e il modo in cui arrivarci.

La nostra società

Viviamo nella società delle performance, ovvero dentro un sistema che ci porta a dover dimostrare a tutti che siamo sempre in movimento, perfetti e positivi, capaci di rendere il massimo in tutti gli ambiti della vita.

Conseguenza naturale di ciò è l’ansia da prestazione, che diventa normalità, alimentando l’inadeguatezza e i sensi di colpa. Questo modello suscita la paranoia da confronto (comparanoia), impedendo di sentirsi pienamente soddisfatti di quello che stiamo facendo o dei nostri risultati.

Nulla è mai abbastanza. Bisogna andare avanti, senza mai fermarsi.

Viviamo in una società ipercompetitiva, dove tutto è questione di sconfitta o vittoria. L’altro, che sia conoscente o sconosciuto, è un nostro competitor. Tutte le nostre relazioni si basano sull’idea per la quale vivere significa combattere senza interruzioni, sconfiggendo tutti i nemici che si interpongono tra noi e il nostro futuro.

Ma tutto questo non vuol dire che le colpe siano soltanto del mondo esterno. Chiediamoci, prima di tutto, che cos’è realmente in nostro potere e come distinguere i desideri autentici da quelli inautentici.

La fioritura personale

La filosofia ci può accompagnare in quest’opera di discernimento, per comprendere il modo in cui dobbiamo agire per riuscire a disegnare la strada della nostra esistenza. Questa è la fioritura personale, un processo fondamentale della filosofia antica, che consente lo sviluppo armonico di una persona.

Pierre Hadot, un filosofo francese, chiamava tutto ciò arte di vivere, ma già per Aristotele questa era l’arte di esistere. La filosofia antica non era soltanto teoria. Nasceva, infatti, come pratica trasformativa, con esercizi psicofisici e tecniche molto semplici ma altrettanto potenti. Ancora oggi risultano efficaci per coloro che sono capaci di appropriarsene.

La chiamiamo fioritura personale poiché ogni persona è dotata di un fiore diverso, anche se il mondo ci porta a pensare di doverci adeguare a standard eccessivamente rigidi, percorrendo strade pre-determinate. Ogni persona può far fiorire innumerevoli parti di sé, con fiori sempre nuovi e soprattutto secondo i propri tempi personali.

Tuttavia, solitamente siamo spinti a pensare che le cose debbano accadere immediatamente, o con tempi uguali per tutti. Per questo ci sentiamo sempre in ritardo sulla tabella di marcia, più deboli e lenti rispetti agli altri.

L’attrito che rivela chi siamo

Il processo di fioritura è un movimento che necessita di continue rielaborazioni. Lo scopo non è correre dritto verso il traguardo, e nemmeno rispettare la tabella di marcia – ma scoprire che non esiste nessun traguardo e nessuna tabella di marcia.

C’è soltanto un labirinto creato mentre viviamo, scegliamo e cerchiamo di realizzare i nostri desideri. Visto dall’alto, alla fine, il labirinto prenderà l’immagine del nostro volto.

Abbiamo la certezza di essere in fioritura quando sentiamo che dentro noi si sta muovendo qualcosa. In alcuni momenti ci sono dei segnali esterni e tangibili, come risultati personali o lavorativi. In altri, invece, apparentemente non appare nulla di quello che sta accadendo dentro noi. Ma il movimento c’è, ed è ancora più autentico e profondo.

Questo processo richiede attenzione, riflessione, contemplazione e azione. Ci deve provocare attrito, un attrito che libera la nostra energia vitale, che ci consente di scoprire chi siamo. Non è violenza, perché accade con urgenza, ma senza alcuna fretta.

E vissero per sempre felici e contenti

Di solito, le fiabe si concludono con “e vissero per sempre felici e contenti”. Anche se questa conclusione da piccoli poteva offrici un senso di serenità e sollievo, quando cresciamo cominciamo a capire che la vita delle favole non è possibile. Crederci significa vivere in un’illusione, pagando il caro prezzo del sogno ad occhi aperti. È qui che nascono la disillusione e il cinismo.

Tuttavia, come scritto da Gilbert K. Chesterton: “Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere”.

Da sempre, le fiabe aiutano le persone a riconoscere il proprio potenziale e a non accontentarsi di ciò che hanno già visto e conosciuto. Sono uno strumento fondamentale di educazione emozionale, e il modo in cui finiscono rappresenta un profondo insegnamento da non trascurare.

Differenza tra felicità e contentezza

Ma che cosa significa, veramente, vivere felici e contenti? Siamo di fronte a due termini molto diversi tra loro.

Felice deriva da felix, che ha la stessa radice di fecundus, ovvero, fertile. Sei felice, dunque, quando ti metti al mondo, quando realizzi la tua natura, quando fai qualcosa che ti mette in movimento e che tira fuori da te qualcosa che ancora non era emerso.

Di solito associamo alla felicità l’idea di una grande scorpacciata, anche se è più collegata ad un senso di fertilità che si prova quando si scopre qualcosa di nuovo di sé stessi e del mondo. È il momento in cui attraversiamo il ponte tra chi siamo e chi vogliamo essere.

Contento, invece, proviene da contentus, che indica l’essere pieni, appagati, riempiti. Sei contento quando sei soddisfatto, appagato.

Dobbiamo riconoscere la differenza tra essere felici ed essere contenti, dato che rispondono a bisogni necessari ma differenti.

La giusta via di mezzo

E tu, sei felice o contento? Quali sono le cose che ti danno felicità e quelle che ti danno contentezza?

Prendi un foglio e dividilo in due parti. Nella colonna di sinistra scrivi quello che ti rende felice, in quella di destra quello che ti rende contento.

Lo scopo non è l’analisi razionale della tua esistenza per riuscire a controllarla, ma anzi a prestare attenzione a quello che ora stai mettendo da parte, per lasciar emergere quello che influisce sulla tua vita.

Non devi nemmeno decidere se è meglio la felicità o la contentezza. Il segreto è trovare la giusta via di mezzo, che crea uno stato di meraviglia.

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